domenica 26 luglio 2015

La fine e l'inizio di un nuovo capitolo

15 Giugno 2015

Eccoci qua; dopo ben 40 giorni dalla nostra partenza da Margaret River nel Western Australia e dopo gli innumerevoli posti che abbiamo visto e le mille avventure che abbiamo vissuto. Eccoci alla metà tanto attesa: Byron Bay, nel New South Wales.

Un paesino che sicuramente non vi suonerà nuovo. 
Era il 28 novembre 2013 e dopo solo due notti passate a Sydney, le mie prime notti in Australia, io e Luca avevamo deciso di partire per Byron Bay, dove lui sarebbe stato solo un paio di settimane circa prima di ritornar in Italia.
Io invece ci sono rimasto fino ai primi di gennaio, nella mia tenda nella jungle dell'Arts Factory, prima di partire insieme a Léopold, un ragazzo francese che viveva nel mio stesso ostello, in direzione Sydney dove poi ho preso il bus per Adelaide.
Per me Byron Bay è stato un tuffo in una nuova realtà, l'inizio di una nuova vita; una vita dove c'ero solo io e il mondo là fuori; niente più amici, genitori, fratelli  o parenti al tuo fianco. Per la prima volta in vita mia mi son sentito davvero da solo. Per la prima volta ho capito che non ero più solamente un ragazzo di 23 anni. Per la prima volta dovevo crearmi una "nuova" vita, la "mia" vita.


Siamo arrivati nel primo pomeriggio e ovviamente la prima preoccupazione è stata quella di trovar una sistemazione, dato che non si parlava più di una località di passaggio.
Dopo qualche ricerca, Carlotta è riuscita a trovare una casa ad un quarto d'ora a piedi dal centro. Non sicuramente il top di casa ma la stanza a disposizione era grande, con tanto di bagno e doccia privata, frigorifero, un letto matrimoniale e uno singolo. Non si è ancora ben capito quante persone ci fossero state in quella casa. Forse oltre a noi, altre sei: tre asiatiche, un signore australiano (strano), un indiano e Kenya, una ragazza di Torino italo-domenicana.
Io sinceramente non ne potevo più di condividere ancora la stanza e i miei spazi con Luca e Carlotta, avrei passato tranquillamente la notte nel van in qualche posto imboscato per poi trovar qualche altra sistemazione per conto mio nei giorni successivi. Ma alla fine il proprietario di casa mi ha offerto di dormire nel mio van nel giardino per il prezzo di $10 a notte usufruendo di tutti i servizi della casa. Niente in confronto ai prezzi degli ostelli e dei campeggi qui in paese. Ho accettato subito con l'accordo che sarei stato lì fin tanto che gli altri due non fossero partiti o, io, avessi trovato un'altra sistemazione prima della loro partenza.
Eccomi qui di nuovo. A vivere nel mio van. Sotto la pioggia, il vento o sotto le stelle con sottofondo il fragore dell'oceano in lontananza. Ma questa volta ho avuto a disposizione tutte quelle comodità che per lungo tempo ci erano mancate. Una lavatrice (sebbene a gettoni), una cucina con dei fornelli, un forno, un frigo ed un bagno con una doccia calda… e semplicemente un tetto, una casa dove star all'asciutto e al riparo.

Per la prima volta, dopo questo lungo viaggio, le sospensioni di Cody sono tornate al loro stato naturale. L'avevamo completamente svuotato, riponendo tutto quanto all'interno della casa; ovviamente tante cose non ci ricordavamo nemmeno di averle portate con noi.
Abbiamo colto l'occasione per sostituire ancora una volta l'olio e il filtro del motore che dopo un così lungo viaggio era la prima faccenda da sbrigare.

La prima cosa che ci è saltato in mente di fare il giorno seguente è stata ovviamente andare a surfare; e quando sei munito di un mezzo, è tutta un'altra cosa.
Mi ricordo ancora quando mi facevo giornalmente i miei due chilometri con il longboard sotto braccio in pieno dicembre quando il sole non perdona nessuno. E ovviamente mi fermavo solo alla Main Beach. Posti come The Pass, Wategos e Tallow per me erano solo leggende.
Che emozione mettere piede in acqua a The Pass, dove ai tempi invidiavo tutte quelle persone che prendevano quelle onde che dalla torretta sul promontorio a me sembravano pericolosissime.
È stato un segno, non lo so, ma quella mattina in cui abbiamo surfato tutti i mali alla costola si erano miracolosamente affievoliti; finalmente ho potuto riprendere e poter così imparare come si deve.
Mi sarò alzato per pochi secondi su una sola onda ma per me è già stato tanto.
Abbiamo praticamente surfato tutto il giorno fino a che non si è fatto buio… godendoci il tramonto, i delfini che a poca distanza da noi si cimentavano nella loro danza entrando e uscendo dall'acqua.

I giorni nel frattempo passavano, tra pioggia, sole e freddo, la nostra voglia di surfare non è mai mancata. Per noi, soprattutto per me e mio fratello, non c'era altro a cui pensare. Bè… per me era forse anche tempo di mettermi sotto a trovar un lavoro. E sinceramente non ho fatto passare troppo tempo… anzi dopo appena due giorni mi son messo alla ricerca.
Curriculum in mano, ho incominciato a girare per tutti i posti che più mi attiravano; parlo principalmente di ristoranti, bar e café. La risposta era sempre quella: <<È inverno, il lavoro inizia a calare e sinceramente siamo a posto con lo staff. Hai un buon curriculum e ne terremo sicuramente conto appena riprende la stagione>>, <<Settimana prossima potremmo farti far una prova>> ecc ecc. Uno, due, tre giorni… tutti la stessa risposta. È buffo dirlo, ma di botto mi era sembrato di essere tornato indietro di quasi due anni, quando tutti quanti mi avevano chiuso la porta in faccia, facendomi capire che lavoro per me non c'era. Byron Bay è davvero piccola e se capiti nel periodo sbagliato ti deve andar di lusso a trovar un impiego.
Il terzo giorno sono andato ancora in altri ristoranti; testa bassa, già consapevole della risposta che avrei ricevuto. E poi sono passato di lì, in quel bar/ristorante di nome Targa. La fortuna ancora una volta ha guardato giù. Ero capitato nel posto giusto al momento giusto.
In quel momento c'era dentro Renéè, la proprietaria (cosa che non capita spesso); <<Sono in cerca di lavoro come cameriere e barista, ho avuto diverse esperienze qui in Australia. Sono qua da quasi due anni e vorrei rimanere qui a Byron Bay almeno fino ad ottobre. Questo è il mio curriculum; come puoi vedere ho lavorati in diversi posti>>. Renéé <<Hai tempo cinque minuti?>> Io <<Sì, perché?>> Renéé <<Sediamoci un attimo fuori e raccontami un po' di queste tue esperienze>> Quasi non volevo crederci… qualcuno si stava veramente interessando di me.
Mi è bastato nominare Margaret River e la Leewin Estate, il fatto che ho sempre lavorato in ristoranti ecc. Preso! Il giorno successivo mi avrebbe chiamato per una prova come cameriere durante la sera.
Finalmente qualcosa stava andando per il verso giusto.
Nel tornare a casa ho ripercorso ancora quelle strade; le stesse strade di due anni fa. Quando mi guardavo in giro spaesato, consapevole che con le mie scarse capacità linguistiche non sarei andato da nessuna parte, soprattutto come cameriere, dove non fai altro che parlar con la clientela. Mi son messo a ridere… Sì perché ho pensato che in fin dei conti in quei momenti ero sempre la stessa persona, con le stessa voglia di fare e la stesse capacità lavorative… ma ora con un qualcosa in più. La capacità di farmi capire e di capire la gente, la possibilità di comunicare e non sentirmi più al di fuori di tutto. E tutto ciò non è stato merito dei miei studi, dei libri o della scuola, no… è stato solo vivendo e comunicando con chi mi stava attorno. Puoi studiare tutto l'inglese che vuoi, ma se non lo userai mai con nessuno e soprattutto se non sarà al primo posto nelle tue giornate, non andrai da nessuna parte. È la verità.

Due sere di prova sono bastate per farmi firmar il contratto. Il lavoro lo sapevo fare. La voglia ce l'avevo. E quel tocco italiano ad un ristorante con caffè, vini, piatti e immagini del mio Paese natale non poteva mancare. E soprattutto un ragazzo sarebbe andato via dopo pochi giorni. Sono finalmente capitato in un bel posto. Tranquillo, piccolo e a mio avviso informale. Un posto come dire, alla mano! Niente uniforme o guantini per preparare i tavoli, la possibilità di ridere e scherzare con la clientela, la possibilità di mettere su il mio ipod con la mia musica, la possibilità di farmi tutti i caffè e i succhi che voglio durante la giornata, la possibilità di mangiare a fine lavoro quasi praticamente tutto quello sul menù. Bè quasi tutto… dal momento che son tre mesi che non mangio più carne. Non mi ritengo "vegetariano"… la mia è solo una scelta di non acquistarla più e di conseguenza non mangiarla; io con questo spreco di carne e di conseguenza di vite non ci sto più e tutto sommato son sempre più convinto che non faccia così bene al nostro corpo. Ma è ovvio, se mi invitano a cena e mi mettono davanti un piatto con dentro della carne non gliela tiro sicuramente dietro, anzi. La vedo così, non voglio più supportare questo inutile mercato mondiale.

Ma torniamo al lavoro. È inverno e questo me l'hanno fatto capire subito. In estate sono sempre stra pieni. Quello che può succedere un venerdì o un sabato sera adesso, è quello che succede normalmente in estate durante la settimana. In poche parole mi poteva assicurare anche cinque o sei giorni a settimana ma sicuramente non tantissime ore. Non mi interessava niente. Io, questi ultimi mesi di Australia, me li voglio godere fino in fondo. Ho passato praticamente due anni interi ad ammazzarmi di lavoro. Ora non mi importa più se non metterò da parte un sacco di soldi. Per me è già abbastanza pagarmi un affitto, il mangiare e avere una piccola parte per gli extra. Non mi importa se ci saranno dei giorni che potrò lavorare anche solo quattro ore o meno. Non mi importa se alle volte dovrò alzarmi alle sei per far il turno delle colazioni e poi pranzo o iniziare alle sei di sera e far il turno della cena; non mi importa nemmeno fare il doppio, mattina e sera. L'importante per me è trovare anche solo un paio d'ore per andare a surfare. Ho già sprecato troppe onde e troppe spiagge in questa Australia. È ora di mettermi nell'ottica che non lascerò questo Paese senza poter dire << Io so surfare>>. Perché non basta aver una foto su una tavola e indossare una muta. Saper surfare è molto di più. È una filosofia, uno stile di vita, un droga, un qualcosa che una volta che ne fai uso, una volta che sai come funzione e scopri che ti piace, non puoi più farne a meno. Freddo, influenza, caldo, sole, pioggia, squali o quant'altro, niente ti può più fermare. Forse solo un fattore. Il vento. In quel caso forse è meglio passare ad un'altra disciplina.




Siamo andati a surfare praticamente tutti i giorni; quando non lavoravo, appena dopo il lavoro o appena prima di andare; una o due volte al giorno; con il sole o con un acquazzone; oh sì, me lo ricordo ancora quel giorno: un bellissimo arcobaleno che nasceva dalla roccia a pochi metri da noi e finiva dentro l'acqua alle nostre spalle… poi tutto ad un tratto il cielo si è completamente coperto. C'era una luce strana, assurda. È incominciata a scendere una pioggia fittissima. Ma nessuno è uscito dall'acqua. Era uno di quei momenti in cui ti senti pieno di energia, immerso in un'atmosfera che ha del surreale. Più volte mi è successo di sedermi sulla tavola, non badando più alle onde e agli altri surfisti, di guardarmi in giro e ammirare quello che mi circondava; la bellezza che mi circondava, che senza una macchina fotografica in mano, immortalavo con i miei occhi. Il tramonto, le nuvole, la luce, le onde, i delfini, i gabbiani, le aquile dalla testa bianca, il sorriso dei bambini sulle loro tavole, le famiglie in acqua, tutto quanto… mi son detto <<Sono proprio fortunato di poter ammirare tutto ciò; non posso chiedere di più>>. Ho sorriso.

Giorno dopo giorno, onda dopo onda fino ad alzarmi. Prendi confidenza con la tavola, sai come muoverti, sai quali onde prendere, come e dove. Come evitarle e al tempo stesso seguirle, come superarle, come anticiparle e prevederle prima degli altri. Fino a diventare un tutt'uno con la tua tavola e il mare. Come se per te quei gesti fossero sempre stati naturali.
Potrei raccontarvi di tutti i giorni in cui siamo andati a surfare a The Pass e a Wategos. Della volta che ci hanno fatto uscire dall'acqua per la presenza di uno squalo bianco di quattro metri, della volta in cui abbiamo visto i delfini, no scusate, forse della volta in cui non gli abbiamo visti. Loro così curiosi, che si avvicinano, surfano, saltano e nuotano a fianco o sotto di te. Potrei raccontarvi di quel giorno in cui ho preso quell'onda che quasi non voleva farmi scendere più. Potrei raccontarvi dei pomeriggi in cui io e Luca siamo stati dentro fino a quasi non vederci più i piedi e le nostre facce talmente era buio. Del giorno in cui siamo stati lì ancora di più dopo che la Luna piena era sorta dietro al faro. Di quella volta in cui sono andato a lavorare con i capelli ancora bagnati e con ancora una po' di crema allo zinco in faccia.
Potrei raccontarvene un sacco di cose… ma probabilmente non provereste lo stesso effetto che proveremmo noi a riviverle di nuovo.







Sì è vero… in questo momento della mia vita mi sento proprio sereno. Sono felice, contento. Il lavoro è arrivato praticamente subito e mi piace. Tempo una settimana dopo è arrivata anche una casa.
11/17 Mahogany Drive, a solo 5 minuti di macchina dal centro e 15 minuti in bicicletta. In questa villetta a due piani all'interno di un complesso, in compagnia di due ragazze australiane. Bridget, la proprietaria di casa, 25 anni come me, fidanzata con Emanuele, un ragazzo italiano della Brianza che caso vuole ha studiato Design al Politecnico di Milano… Design della Comunicazione, il mio stesso corso ma in pratica in anni diversi; e poi l'ultima arrivata, la piccola Mady di 17 anni, anche lei australiana.
Si è creato un bel gruppo… una famiglia.
Ho lasciato Luca e Carlotta, portando via gran parte della mia roba.
Stavo entrando in una casa. Avevo una mia stanza. E quando dico mia intendo che non dovevo condividerla più con nessuno. In quasi due anni di Australia non l'avevo mai avuta. Per la prima volta stavo sistemando le mie cose in una Camera da Letto! Ma soprattutto dopo in pratica otto mesi stavo tirando fuori tutti i miei vestiti dalla borsa e dallo zaino e li stavo riponendo in un armadio. Stavo ritornando ad avere tutte le comodità di casa.
Una luce e non più una torcia per trovar le mie cose, un letto pulito e sempre fatto, una cassettiera, delle tende che non erano più quelle del van ma di una finestra vera, la presa della corrente a fianco del letto… cose che possono sembrarvi normali, ma che a me sinceramente erano mancate per tanto tempo.
Una cucina dove poter cucinare piatti che durante il viaggio erano solo miraggi. Un frigo dove poter conservare e riporre qualsiasi cosa e soprattutto avere acqua e birra fresca. Dove avere dei formaggi e della verdura; tutto ciò che non era possibile avere vivendo solo nel van.


I giorni per me sono stati così vissuti e intesi che in un attimo siamo arrivati al 3 luglio.
Quel weekend, Andrea il piemontese, è venuto a trovarci da Brisbane. 
Ma a differenza di una zuppa si è trovato sotto gli occhi una bella spaghettata ai frutti di mare cucinata dal sottoscritto.
È sceso giusto in tempo per dar un ultimo saluto a Carlotta che il giorno successivo ha preso il volo per Perth dove poi il 7 luglio sarebbe ripartita per l'Italia.
Ciao Carlottina… tu che in un istante sei entrata tutto sommato anche nella mia vita e soprattutto nella mia Australia. Sei partita, così come sei arrivata, sempre sorridente, vogliosa di fare e di scoprire. Hai mollato tutto…  in particolare la tua topaia di farm per unirti al nostro viaggio, alla vita di mio fratello… fidandoti di questi due rudi campagnoli.
Ti sei quasi sempre dimostrata all'altezza di tutte le situazione, anche quelle più disastrose (parlo ovviamente del viaggio). Mi hai regalato tante risate ma mai quanto il tuo volo dalla liana in quella pozza a bordo strada. Carlotta non so da quale film o cartone ti abbiano tirato fuori, ma sei sicuramente un personaggio da oscar. Grazie per tutto quello che comunque mi hai dato e insegnato. Grazie per tutto il cibo che ci ha rubato al supermercato e grazie soprattutto per aver rubato quella cosa in particolare. Il cuore di mio fratello che era finito lì nel dimenticatoio tra gli Special di Woolworths insieme alla mozzarelle da 40 centesimi. Grazie! Ci si rivedrà qui o in Italia. Chi lo sa…

È stato l'ultimo weekend tra noi vecchi cari compagni di viaggio. Io, Andrea e Luca. Un ultimo sabato sera prima del l'ultimo saluto a mio fratello.
Lunedì 6 luglio dopo il lavoro e dopo l'ultima surfata per Luca siamo risaliti tutti e tre sul van come ai vecchi tempi. Noi tre, lì schiacciati sui posti davanti.
Questa volta andavamo incontro alla fine di un'avventura e non più ad un inizio.
Siamo partiti il giorno prima in modo tale da poter essere già a Brisbane, dove, la mattina seguente avrei portato il Luca in aeroporto e Andrea sarebbe andato a lavorare.
Ho passato l'ultima notte insieme a mio fratello nel van e ovviamente l'abbiamo fatto in mezzo ad una strada della città.

La sveglia è suonata prestissimo. Anche troppo presto dato che Luca aveva il volo nel primo pomeriggio. Ha deciso comunque di andar là, lasciandomi così la possibilità di godermi l'intera giornata che dalle previsioni sembrava ottima. Allo stesso tempo mi ero preso due giorni off in modo tale da potermi fermare lungo la costa in qualche spot bello per il surf.

Eccoci qua. Dopo quasi nove mesi passati assieme, tra mille avventure, viaggi e posti diversi era tempo di dirsi ancora addio. Per la seconda volta mio fratello mi stava lasciando solo qui in Australia.
Siamo partiti assieme nel lontano novembre da Adelaide, dove insieme ad Andrea abbiamo percorso tutta la costa sud fino a Perth… qui dopo meno di due settimane le nostre strade si sono divise. Per due lunghi mesi di questa estate australiana non ci siamo più visti; a 260km di distanza ognuno con il suo proprio lavoro, la sua compagnia e il proprio stile di vita. Lui, surf, farm, una tenda e poi una casa con altri ragazzi. Io, lavoro al ristorante, vita nel van, docce in spiaggia e niente surf. Poi, nel giorno del suo compleanno a sorpresa mi sono presentato da lui a Margaret River. Avevo deciso di lasciarmi alle spalle un posto che per me stava diventando una prigione. L'amore per una persona mi stava rendendo cieco, così cieco da non vedere che mi stavo perdendo tutta la bellezza che mio fratello per tutta l'estate si era potuto godere.
A Margaret River abbiamo ripreso a vivere assieme; stessa camera, stessa compagnia, stesso lavoro. Poi è arrivata Carlotta, le strade si sono leggermente divise; stessa casa, ma io nel van. Lavori diversi, lui WOOFING, io cameriere nella winery. La sera non si era più assieme, ci si vedeva anche meno. Poi siamo ripartiti di nuovo e alla fine abbiamo portato a termine il nostro obbiettivo; tornare a Byron Bay dove eravamo arrivati assieme due anni fa.

Viaggiare con un fratello è molto di più che viaggiare con un amico. Di lui conosci praticamente tutto e anche il di più. Sai che ci sarà sempre per te e che su di lui potrai  sempre contare. Con lui condividi le stesse emozioni; capisci cosa gli passa per la testa mentre guarda quello che stai guardando te; sai già quale sarà la sua risposta ad una tua domanda; sai già che quello che piacerà a te piacerà anche lui. Siamo fatti dello stesso sangue e in comune non abbiamo solo due genitori e un altro fratello. In comune forse abbiamo molto di più. Sarebbe stato bello poter condividere tutto ciò anche con Martino.
Ma ora vai… torna a casa. Ritorna dai nostri amici e dai nostri familiari; ritorna in quei posti dove siamo cresciuti, in quei posti che parlano di noi. In quei posti in cui abbiamo lasciati un sacco di ricordi. Noi ci rivediamo ad ottobre, quando tornerai di nuovo qui in Australia con il tuo secondo Working Holiday. Beato te che hai ancora tutto questo tempo a disposizione. Non sai quanto darei per poterlo ricominciare da capo. È vero, abbiamo sempre detto che ci sono ancora un sacco di posti da vedere e visitare. L'Australia non è l'unico posto al mondo, ma io, caro fratello, farò veramente fatica a lasciarlo. Due anni son tanti… abbastanza per farti capire che qui in fin dei conti c'è tutto quello che abbiamo sempre sognato.

Carico fino al collo, con i suoi due zaini e la sua "Surfetta", la tavola da surf con la custodia rosa, si è diretto dentro all'aeroporto, mentre dietro di lui si chiudevano le porte scorrevoli. Un altro capitolo si è chiuso.




Sono ritornato sul van. Ho infilato la chiave guardando fisso la strada davanti a me. Ero di nuovo da solo. La Mia Australia stava ricominciando. Grazie a te ho capito che tempo fa mi son perso tante cose, dando più importanza al lavoro, ai soldi e ad altro, lasciando in secondo piano quello che più mi serviva e che quest'Australia mi poteva offrire. Sono pronto a tornar a Byron Bay e questa volta non ti deluderò. Ho girato la chiave. Un altro capitolo si è aperto.

Nord, sud, ovest, est, starò cercando lei o forse me…. North Stradbroke Island a due passi da Brisbane mi avrebbe dato la conferma definitiva. Ho deciso di aprire così questo mio nuovo capitolo. Affrontando subito la sfida più difficile. Lei… che da tanto tempo sognavo di rivedere e che ora si trovava lì a pochi minuti di traghetto.




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