5 Giugno 2015
Ci eravamo lasciati al nostro arrivo sulla costa est, precisamente a Townsville, il 5 giugno.
Eravamo ritornati nella civiltà, lasciandoci alle spalle i 10.370km di deserto, polvere rossa, parchi naturali, spiagge sconfinate, gole e piscine naturali… l'Australia quella da scoprire, quella selvaggia.
Townsville ci ha ributtato in mezzo alle macchine sportive, ai negozi e ai ristoranti, alle strade pedonali lungo la spiaggia; palme, viali ombreggiati, gelaterie e café. Da quasi un mese tutto ciò, per noi, era cosa rara; qualcosa che si poteva incontrare solo nelle "grandi città". Da qui in poi non ci sarebbero più stati centinaia di chilometri in mezzo al nulla né tanto meno la continua preoccupazione di dover riempire le taniche di benzina e far rifornimenti d'acqua.
Abbiamo trascorso questo arrivo nella faccia opposta dell'Australia gironzolando in lungo e in largo e rilassandoci. Ovviamente fare il bagno nell'Oceano era impensabile… c'erano cartelli di pericolo coccodrilli lungo tutta la spiaggia e ovviamente zero possibilità di surfare. Secondo la guida, le nostre tavole avrebbero ritoccato l'acqua "solo" 950km più a sud.
Anche per questo motivo abbiamo deciso di spostarci subito arrivando alla prima area di sosta quando il sole stava calando. Non una delle classiche aree viste fino ad ora: in mezzo alla natura, fuori dalla città e prive di servizi. Questa volta si trattava di un parcheggio a fianco di una stazione ferroviaria a Home Hill dove fortunatamente eravamo riusciti a trovar un buco per il nostro van. Un parcheggio che ai nostri occhi era diventato un Eden: docce calde gratis, cucina con fornelli a gas gratis e lavanderia a gettoni dove abbiamo potuto lavare praticamente una miriade di cose che ci portavamo dietro da non so quanto tempo.
Ovviamente non c'era la possibilità di montare la tenda e così ci è toccato dormire ancora una volta in tre nel van = dormire poco o niente.
Il mattino seguente il nostro viaggio verso sud ha visto nuovi paesaggi. Intorno a noi niente più giallo, niente più orizzonti sconfinati, niente più strade deserte e niente più polvere. Solo verde, distese di canne da zucchero, piantagioni di macadamia, colline e un flusso continuo di macchine; il caro vecchio saluto a due dita che si faceva a quei pochi che si incrociavano ogni tanto lungo la strada, era oramai cosa passata.
Quello che ho visto fuori dal finestrino mi ha ricordato molto i nostri posti: colline ricoperte d'alberi, corsi d'acqua e ovunque la presenza dell'uomo.
Dopo un paio d'ore siamo arrivati ad Airlie Beach, un posto molto rinomato tra i backpackers, per la sua nightlife, il divertimento e le sue favolose isole raggiungibili facilmente in barca (per la distanza dalla costa, ma non sicuramente per il prezzo).
Punto di partenza per le Withsunday Islands, un arcipelago di isole costituite da sabbia bianca, palme e mare azzurro, le cui spiagge, rientrano nella classifica delle più belle al mondo. Le classiche spiagge da cartolina da tutti sempre sognate.
Per noi poveracci, anche solo una notte sull'isola in tenda sarebbe stata troppo costosa. Ma io, volevo andarci lo stesso… quando mi sarebbe potuta ricapitare un'occasione del genere? E poi la cosa mi intrigava molto. Sono isole selvagge dove in pratica ti scaricano con la barca e ti rivengono a riprendere quando vuoi decidi tu. Campeggio wild, dove è tuo dovere fornirti di viveri, acqua e equipaggiamento. Spiagge, snorkeling e relax sono l'unica cosa che queste isole possono offrire ai loro visitatori! Ero praticamente sul punto di pagare quando astutamente mi è venuto in mente di controllare il tempo dei giorni successivi. Nuvoloso e alta probabilità di pioggia. Non era il caso di spendere tutti quei soldi, senza poi potersi goder quel paradiso. Abbastanza affranto, ho dovuto rinunciarci.
Ci siamo comunque concessi un piccolo bagno nella mini laguna artificiale tristemente costruita a fianco dell'oceano dove il pericolo meduse persiste per gran parte dell'anno. Una sorta di mini Idroscalo di Milano, con l'unica differenza che lì il mare era a pochi metri di distanza.
Airlie Beach ci ha, o meglio, mi ha comunque regalato una bella serata movimentata dopo un sacco di tempo in cui si era soliti andar a dormire subito dopo mangiato.
Qui ho ribeccato per caso due pazze inglesi che io e il Luca avevamo conosciuto a Fremantle nella lontana vigilia di Natale. Si ricordavano ancora di noi! E poi ho visto un ragazzo di Margaret River, uno di quei local che bazzicavano sempre alla taverna. Such a small world!
Dopo un ulteriore notte passata tutti e tre nel van all'interno di un ostello, siamo ripartiti in direzione delle due cittadine gemelle di Agnes Water e Town of 1770. Ottimi spot per il surf!
Ma la distanza era eccessiva e così abbiamo deciso di fermarci a metà strada nei pressi di un tranquilla località di nome St. Lawrence in una sorta di campeggio gratuito in un posto dove a quanto pare si svolgevano spesso dei festival di rodeo. Un posto molto suggestivo, che al calare del sole ci ha regalato uno spettacolo sensazionale. Migliaia di oche selvatiche che ricoprivano l'intero lago a pochi passi da lì che con l'affievolirsi della luce hanno preso il volo verso chissà quale meta, formando le loro classiche formazioni a V. A guarnire tutto questo spettacolo non potevano mancare i canguri che saltellavano a poca distanza da noi e che quasi sembravano dirigere questo rituale che a quanto pare si ripete ogni giorno. Un posto davvero particolare che a sorpresa ci ha offerto tutti i servizi (doccia calda compresa) e uno scenario a dir poco indimenticabile.
Il viaggio è continuato tra boschi di conifere, prati sempre più verdi e stradine; tra sali e scendi e curve continue. Finalmente Cody aveva ricominciato a vedere anche le marce al di sotto della quinta.
Agnes Water è una piccola cittadina che sorge su un'infinita spiaggia ottima per il surf e le onde lo dimostravano. Ma era già tardi e fortuna vuole, siamo riusciti a trovare un comodo campeggio a $6 a testa, dove avremmo speso in totale due notti. Era già tardi, ma no problem, i rangers avrebbero ritirato i soldi la mattina seguente. E così fu, due simpaticoni che poi avremmo incontrato in tutti i posti e in tutte le situazioni tra Agnes Water e Town of 1770. Non so come spiegarlo, ma ce li siamo trovati ovunque: nel campeggio come gestori, a pulire i bagni nelle aree pubbliche, a pulire i barbecue nelle aree picnic. Una scena piuttosto comica dal momento che si presentavano ovunque, sempre con una mansione diversa.
Quel mattino, Luca non ha perso occasione per buttarsi dentro. Io invece ci ho rinunciato… avevo ancora troppo male alla costola. Ma ero stufo di non far nulla… ho preso e sono andato a correre fino a Town of 1770 sebbene aveva già iniziato a piovere. È stata una corsa rigenerante; erano mesi che non mi mettevo le cuffie e mi facevo trasportare dalla mia musica. Una corsa che è stata una sfida contro il male e un respiro che si spezzava a metà. Il mio spirito era sotto ai piedi. Quando mi sarebbe passato quel problema? Erano più di due mesi che me lo portavo dietro.
Tornato in spiaggia mi sono buttato diretto in mare, avevo bisogno di risentire l'acqua sulla mia pelle, il freddo dell'Oceano Pacifico, un qualcosa che un giorno, quando dovrò lasciare questo Paese mi mancherà sicuramente tanto.
Nel pomeriggio ci siamo spostati nell'adiacente cittadina di Town of 1770, in poco parole un porticciolo che sorge sulle sponde dove il nostro famoso capitano James Cook compì il suo primo sbarco nel Queensland, nel 1770 appunto. Nulla di sensazionale. Un posto molto tranquillo e decisamente poco battuto dai turisti e dai backpackers, così Agnes Water. Forse, per quello, queste due piccole cittadine conservano ancora il loro fascino anni '60 di cittadine del surf… cosa che Byron Bay e Noosa hanno probabilmente perso nel corso degli anni.
La tappa successiva è stata Rainbow Beach dove anche qui in teoria potevamo trovare già le condizioni per surfare. Ma il vento ha rovinato tutto e l'idea di buttarsi in acqua era impensabile. Abbiamo comunque avuto modo di visitare un attimo questa piccolo centro e soprattutto scoprire il significato del suo nome. Dopo una ripida discesa lungo un'immensa duna di sabbia dove i più intrepidi scendevano con tanto di body-board, siamo arrivati a stra piombo sull'oceano sopra queste spettacolari scogliere di arenaria multicolore che appunto rimandano all'arcobaleno, da qui il nome Rainbow.
E da lì in poi, come un segno, l'arcobaleno ci ha fatto compagnia quasi tutti i giorni. Ma forse il più spettacolare l'abbiamo visto, o meglio ancora superato, lungo la strada per andare a Noosa. Un vero e proprio effetto ottico che ci ha fatto credere per un attimo di esserci passati sotto. Non mi era mai capitato di vedere l'inizio e la fine di un arcobaleno. Voglio dire… vi è mai successo di vedere l'arcobaleno sorgere da un prato di fronte a voi e chiudersi nel lato opposto della strada. A me sinceramente no. Per me l'arcobaleno è sempre stato qualcosa là, lontano nell'orizzonte e chissà dov'è il suo inizio e la sua fine. Eppure noi quel giorno ci siamo passati dentro.
Tutta questa bellezza non poteva che preannunciare pioggia; Noosa ci ha accolto sotto un diluvio.
Siamo riusciti a trovare un buco fuori da un ostello, dormendo nel parcheggio all'interno del van e usufruendo di tutti i servizi. Un ritorno alla vita da ostello che tutto sommato mi ha fatto capire che non mi manca così tanto; sempre disordine e affollamento in cucina.
Eccoci a Noosa, qui dove inizia la famosa Sunshine Coast! Forse la località più frequentata e presa d'assalto dagli amanti del surf; città simbolo del Longboard con le sue serie di destre (onde) tra le più lunghe e pulite di tutta l'Australia.
Il mattino seguente il cielo si è aperto leggermente e Luca e Carlotta sono andati subito in spiaggia con le loro tavole a godersi quelle imperdibili onde. Io… bé, mi era bastata la nottata insonne a trovare un posizione che non mi facesse sentir il male alla costola per tenermi ancora una volta lontano dalle onde. Ipod in mano, cuffie alle orecchie, cos'altro potevo fare?
Una lunga corsa lungo il Noosa National Park era quello che ci voleva. Su per il promontorio fino in cima sotto questa foresta pluviale. Pioggia, freddo e musica non hanno fatto altro che
caricarmi ancora di più. Infine ecco il tratto lungo la costa. Un susseguirsi di spot con onde perfette ed in acqua una miriade di surfisti. Che invidia… E poi eccolo là, il Luca in acqua con la tavola della Carlotta… Vaff… il male, io entro!
Sono corso in ostello ho tirato giù la mia tavola, ho indossato la muta e sono corso in spiaggia proprio nello stesso istante in cui Luca stava uscendo. Male… ma non quanto pensavo; ero troppo eccitato nell'essere in acqua e pochi minuti son bastati per farmi sentir comunque meglio e più motivato.
Nel pomeriggio sono tornato con Luca dove siamo stati fino al calare del sole. Una luce calda, un tramonto spettacolare; in lontananza ecco dei delfini saltar fuori dalle onde. Anche loro sanno come divertirsi. Non mi sarò alzato nemmeno una volta quel pomeriggio, ma non mi interessava nulla. La vera soddisfazione era ritornare in acqua e riuscir a resistere al male, che a quanto pare si stava a poco a poco affievolendo.
La mattina successiva abbiamo deciso di concederci un'ultima surfata prima di abbandonare definitivamente quello che per me è stato probabilmente uno dei posti più belli per questa disciplina. Siamo partiti a dir poco gasati; giornata stupenda, sole e condizioni perfette. Con tanto di GoPro alla mano siamo arrivati correndo stile Bay Watch in slow motion fino al bagno asciuga. Stretching e riscaldamento. Bam! Era ora di entrare. Su la zip della muta, tavola sotto braccio e … <<Hey guys!?! What do you think to do?>> Ecco che come d'un tratto una voce squillante di un megafono proveniente da uno dei tanti gazebo lungo la spiaggia ci fa ritornare con i piedi a terra. C'era in corso una gara di longboard old style. Ecco perché in acqua non c'era nessuno. Figura a dir poco di M. Tutti che se la ridevano e ciliegina sulla torta: <<And with shortboards? Unbelievable!!>>. Le nostre facce, da bianche per la crema allo zinco, sono diventate immediatamente roseo dall'imbarazzo.
Delusi per questa illusione di un'ottima surfata siamo saltati sul van con addosso ancora le mute. L'unica era guidare lungo la costa e fermarsi al primo posto che poteva sembrar interessante.
Ci siamo fermati in un punto dove in fin dei conti più che una surfata ci siamo fatti un bagno e preso un po' di sole. Ma alla fine meglio di niente. Un tuffo in acqua prima dell'arrivo a Brisbane ci stava.
Due milioni di abitanti, mega ponti illuminati, grattacieli lungo il fiume che la attraversa, questa è Brisbane. Un tappa per noi d'obbligo, non tanto per il posto ma per la persona che ci attendeva a cena a casa sua. Quel matoc dell'Andrea da Cuneo, o meglio, da Boves!! Il nostro caro vecchio compagno di avventura lungo il viaggio da Adelaide a Perth. Lui che mentre stavo a Fremantle, viveva a Perth ed in diverse occasioni mi è venuto a trovare. Lui che sebbene lavorando in mezzo al nulla a costruire capannoni, ci è venuto a trovare a Margaret River. Lui che tra le lacrime mi ha chiamato quel mattino che eravamo a Fremantle dopo il festival dicendomi che il suo aero per il Queensland sarebbe partito in poco meno di due ore e che se l'era scordato; ma grazie a noi è riuscito a prenderlo per un pelo. Lui che malgrado dalla parte opposta dell'Australia è pur sempre rimasto in contatto con noi. Per me, o meglio, per noi è diventato una sorta di fratello più piccolo. Un "pirletta" in poche parole.
E quella faccia da pirletta era lì ad aspettarci davanti a casa sua. A parte il nuovo taglio alla Lupin, non era cambiato per nulla. Sempre il solito, con i suoi mille problemi e paranoie. Non cambierà mai, ma ci piace per quello. Dopo più di un mese senza una cucina ci aspettavamo una cena da re. Zuppa… Andre vai a cagare! Ma in fin dei conti era squisita.
Non c'era modo migliore per festeggiare una rimpatriata che uscire tutti assieme ed infilarsi nella movida di Brisbane by night. <<Ci penso io raga! Conosco un posto figo e la birra costa poco!>> Le ultime parole famose…
Discoteca multisala, multi… un po' multi tutto. Eravamo finiti in un locale gay. Non che abbia qualcosa in contrario, anzi, a primo impatto sembrava anche un bel posto. Ma piano piano la cosa ha incominciato a degenerare. Uomini che si comportavano come donne, donne che ballavano come uomini e con l'aria tutt'altro che amichevole. Poi, ovunque ti giravi, centinaia di occhi in fissa su di te. Ora capisco cosa provino le ragazzine quando vanno in discoteca. E non aggiungo altro! Bella serata comunque, ci voleva un po' di svago e soprattutto mi ha fatto piacere ridere e scherzare di nuovo con Andrea.
Siamo tornati a casa che quasi albeggiava. Io come al solito ho dormito nel giardino all'interno del mio van. Luca e Carlotta invece hanno dormito comodamente nel letto del povero Andrea letteralmente collassato sul divano di casa sua.
Ma era tempo di muoversi, Brisbane, come tutte le città dopotutto, non aveva da offrirci molto. Ancora una volta ci siamo separati dal nostro caro compagno, ma tutto sommato Byron Bay è solo un paio d'ore più a sud. Questa volta tocca a lui a venir giù!
Da qui ci lasciamo alle spalle la città tornando sulla costa lungo la Gold Coast. La costa dei ristoranti sulla spiaggia, della bella vita, delle macchine truccate, dei mega grattacieli ma ovviamente anche del surf. Capitale indiscussa di questa è sicuramente Surfers Paradise (ma il nome non gli si addice proprio). Città presa d'assalto ogni anno da migliaia di turisti per il suo gran numero di locali notturni, bar, centri commerciali e vita da spiaggia stile California. L'abbiamo attraversata solamente in macchina, passando sotto i suoi altissimi grattacieli che al calar del sole si colorano d'oro. Nulla che ci potesse intrattenere più di tanto.
Abbiamo tirato fino a Currumbin dove un ottimo spot per surfare ha attirato subito la nostra attenzione. Ma era già troppo tardi… dovevamo trovare un posto dove passar la notte. L'ultima notte prima di arrivare a Byron Bay. Quella che sarebbe stata l'ultima notte tutti e tre assieme nel van. E non c'era modo migliore per concludere in bellezza quella che in molti hanno osato chiamare "La Bella Vita": sotto il ponte di quella che poteva essere un tangenziale, con gli aerei che decollavano dall'aeroporto a poca distanza da lì. Grazie Australia che mi stai regalando tutte queste esperienze che un giorno quando sarò vecchio potrò raccontare a qualcuno che seduto sulle mie ginocchia sognerà di girar il mondo quando sarà "grande".
Un'ultima notte stretti, tutti assieme sul van. Tra l'aria irrespirabile, aspetta quale aria? Notti indimenticabili su cui un giorno, ripensandoci, ci rideremo sopra; pensando a quanto eravamo messi male, a quanto tutto sommato non ci importava di condividere praticamente tutto e di privarci anche di una posizione comoda pur di star assieme. Notti odiate ma che tutto sommato a volte mancano. Io, mio fratello e chi l'avrebbe mai detto, Carlotta, quella ragazza italiana conosciuta mesi fa nella remota Margaret River e che ha letteralmente conquistato il cuore di un Luca che dal punto di vista amoroso era oramai dato per spacciato da tutti quelli che lo conoscevano.
Il giorno seguente, dopo un risveglio alle prime luci per evitar l'arrivo di un ranger, Luca si è divertito a cavalcare delle onde, che per le mie doti erano fin troppo grandi. Mi sono limitato a scattar delle foto in questo punto singolare della Gold Coast che ha come sfondo i grattacieli di Surfers Paradise.

Mancava davvero poco a Byron Bay, la nostra meta tanto attesa. Tanti ci davano per pazzi, tanti ci avevano detto che Cody non ce l'avrebbe fatta a far tutto quel giro e soprattutto in così poco tempo. Eppure noi ce l'avevamo fatta.
Coolangatta ci ha regalato un ultimo bagno prima del definitivo arrivo a Byron Bay.
Lungo l'autostrada i cartelli segnavano l'immediato avvicinarsi del piccolo paesino. Come un conto alla rovescia i chilometri andavano a poco a poco a diminuire. BYRON BAY. Eravamo arrivati. Chiamatelo pure caso ma io sono convinto che questa Australia mi stia nascondendo qualcosa dietro: al nostro arrivo il contachilometri segnava esattamente 12.321 km. 1,2,3 l'inizio della mia esperienza in Australia, qui (28 Novembre 2013) ; 3,2,1 la mia esperienza dopo due anni è quasi al termine, sta finendo lì dove l'ho iniziata (15 Giugno 2015).
Era proprio come me la ricordavo. Nulla è cambiato. Sì forse è meno affollata; due anni fa era estate, ora è inverno. Ma è sempre quella cittadina che tutto sommato potrei chiamar casa. Ma questa è un'altra storia, un nuovo capitolo. Più di un mese è passato dal nostro arrivo a Byron Bay. Tante cose sono cambiate da quel giorno.






















































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