17 Novembre 2015
Ero estasiato all'idea di intraprendere quell'ultima avventura; avevo sempre sentito parlar bene del Nord del Vietnam, dei suoi paesaggi selvaggi e del suoi villaggi per così dire, ancora immersi nel passato e nelle tradizioni; lì ai confini con la Cina dove ancora oggi sopravvivono i colori e le usanze delle tribù e delle minoranze etniche.
Siamo ripartiti da Cát Bà alle prime ore del mattino. Immersi ancora una volta nel suo parco naturale, siamo arrivati fino al punto in cui il traghetto ci avrebbe riportato sulla terra ferma, precisamente nella città di Hạ Long.
Io ed Eliot siamo arrivati per primi, attendendo l'arrivo di Romi e Jakob.
Il traghetto era quasi già in partenza quando il biondo danese ci ha raggiunto, Romi era rimasta indietro, si era fermata e aveva detto a Jakob di continuare. Non potevamo fermarci, il traghetto stava per partire, avremmo atteso Romi ad Hạ Long.
La giornata era ben promettente, il sole aveva fatto la sua comparsa dietro i nuvoloni che da lì a breve avremmo definitivamente lasciato alle spalle. Cát Bà si allontanava sempre di più e davanti a noi sono apparsi nuovamente il grigiore e i grattacieli di una città moderna come Hạ Long.


Le nostre moto erano in pol position davanti al barcone, pronte per ripartire di nuovo, ma un piccolo particolare aveva catturato la mia attenzione; la moto di Jackob perdeva benzina e non poca… non era un bel segno. Non era una perdita del tubicino ma direttamente dal serbatoio… era bucato. Con scotch e nastro adesivo ho provato a far il possibile limitando la perdita così da poter arrivare almeno fino al primo meccanico. La giornata iniziava davvero bene…
Per concludere in bellezza, proprio quando stavamo per scendere dal traghetto, ecco arrivare un messaggio da parte di Romi <<Ragazzi, la mia moto non parte più, ho dovuto spingerla fino al primo paese. Il meccanico dice che c'è un danno non da poco. Per fortuna ho incontrato altri ragazzi lungo la strada che mi hanno dato una mano. Non ho più voglia di spendere soldi per questa moto, non ce la faccio più! Questa esperienza non fa per me. Troverò un modo di arrivar fino ad Hà Nội dove proverò a rivendere la moto. Vi terrò aggiornati…>>
Il gruppo si era disfato, ora eravamo solo noi uomini. Giusto il tempo di percorrere qualche chilometro ed eravamo di nuovo fermi. La moto di Jakob stava letteralmente cadendo a pezzi con il serbatoio che ancora perdeva e la batteria che era uscita dalla sede, dovevamo assolutamente trovar un meccanico.
La moto era stata totalmente spogliata lasciando al nudo il suo scheletro. Il serbatoio era in uno stato pietoso, c'erano più perdite e l'unica era saldarlo. Nell'attesa del ritorno del meccanico siamo andati a far colazione in un posto dove l'ASL avrebbe messo in ergastolo tutti quanti, ma questo è il Vietnam e a noi piaceva così, lo sporco e gli alimenti ammassati al caldo rendevano i nostri piatti ancora più buoni.
Il "saldatore" ci ha fatto capire che non sarebbe stato un lavoro da poco e che gli avrebbe comunque portato via parecchie ore. Io non potevo fermarmi, mi rimanevano ancora solo 7 giorni prima del volo di rientro e dovevo ancora vedere tutto il nord, ogni giorno, ogni singola ora per me e per i miei progetti di viaggio erano preziosi; lo stesso discorso valeva per Eliot che sarebbe ripartito un paio di giorni dopo di me.
Alla fine è stato Jakob a giungere ad una conclusione; lui quel giorno sarebbe rimasto ad Hạ Long in attesa che la moto fosse riparata, il mattino seguente si sarebbe rimesso in strada senza mai fermarsi per poter arrivar fino a dove ci saremmo trovati io ed Eliot. Il gruppo si era letteralmente diviso.
Siamo ritornati in sella alla nostre moto e dopo un ultimo saluto a Jackob siamo ripartiti verso la prima meta di questo viaggio a nord, Lạng Sơn.
Non era la prima volta che ci ritrovavamo sulla strada solo io e lui. Insieme sapevamo come divertirci e al tempo stesso come far divertire le nostre moto. Come veri padroni della strada abbiamo mangiato queste vie che in un primo momento erano circondate da fitte pinete che segnavano l'inizio di un nuovo paesaggio e al tempo stesso un nuovo clima, nonché l'avvicinarsi delle montagne. La bellezza di tali scorci ci ha accompagnato lungo i pendii di queste colline completamente ricoperte di verde, dove gli unici mezzi che si incrociavano erano radi motorini e camion che trasportavano di tutto e di più.
La giornata a poco a poco si è fatta sempre più calda e il sole batteva ininterrottamente sulle nostre braccia e sul nostro viso che a stento provava a proteggersi con occhiali da sole e bandana. Più procedevamo più tutto diventava selvaggio; le strade erano diventate tutto d'un tratto sterrate, la polvere ha incominciato a farsi sentire sempre più fitta e a ricoprire le nostre facce. La cosa più brutta era incrociare camion o peggio ancora ritrovarsi dietro uno di essi con l'impossibilità di superarlo. Così come i numerosi lavori in corso lungo la strada che ovviamente non venivano segnalati e che ti costringevano a passare tra i camion e le ruspe in movimento nella più tranquilla normalità.



Quel giorno era l'inizio delle strade sterrate non segnalate, delle buche a cielo aperto, dei sali e scendi e della polvere. La prima lunga sfida durata circa 200km era quasi terminata. Stava già tramontando quando abbiamo imboccato l'autostrada che in poco tempo ci avrebbe fatto arrivare definitivamente a Lạng Sơn. La città era davvero grande e il suo traffico di motorini, macchine e di gente a piedi, avevamo improvvisamente risvegliato i nostri sensi che il sole e il paesaggi delle ore precedenti avevamo anestetizzato.
Non è stato semplice trovar un posto dove dormire, anche perché non c'era l'ombra di un ostello; eravamo finiti in una vera città di vietnamiti, priva di occidentali. La gente ci guardava come stranieri, sorrideva al nostro passaggio e si chiedeva cosa facessimo lì. Abbiamo trovato una stanza in un hotel a buon prezzo, dopo aver contrattato con la signora alla reception tramite messaggi vocali e traduzioni su smartphone…
Quella sera ci siamo infilati all'interno di un locale che serviva cibo anche in strada; i piatti dei commensali erano strepitosi. In tutto l'arco della giornata ci eravamo dimenticati anche di pranzare, volevamo sfondarci di cibo. Non c'era modo di farsi capire con la cuoca di casa, ma come in ogni occasione è entrato in aiuto il nostro angelo custode, una ragazza vietnamita che aveva assistito a tutta la scena e vedendoci parecchio in difficoltà è intervenuta in nostro aiuto e con il suo inglese ha ordinato quel piatto che tanto aveva attirato i nostri occhi. Un badilata di noodles e verdure grigliate… Un piatto per Eliot e due per me, una porzione che avrebbe riempito non due persone ma forse sei, il tutto ovviamente per un prezzo irrisorio. Resta e resterà per sempre la miglior cena di sempre, non mi ricordo il nome del posto e non so nemmeno se ce l'avesse, ma se un giorno ci sarà occasione di ritornarci saprò comunque come raggiungerlo.
18 Novembre 2015
Quel mattino ci siamo concessi una bella dormita.
Ho passeggiato lungo la città in cerca di un caricatore per l'ipod che ovviamente sono riuscito a trovare in una bancarella del mercato, al tempo stesso ho colto l'occasione per comprar un casco di quelle dolcissime bananine che come un normale vietnamita ho legato sulla moto pronto all'uso.
Eravamo in attesa dell'arrivo di Jakob che secondo il programma avrebbe dovuto raggiungerci in tarda mattinata ma fino a quel momento non si era ancora fatto vivo; non potevamo rischiare di ripartir troppo tardi, ci attendeva una lunga giornata ancora sulla sella delle nostre moto, altri 130km per arrivare a Cao Bằng.
Abbiamo deciso di continuare lasciandogli un messaggio che prima o poi avrebbe letto <Ci vediamo a Cao Bằng>>.
La giornata era bellissima e il cielo era saturo di azzurro, non potevamo chiedere di più! Faceva talmente caldo che si sarebbe potuto tranquillamente viaggiare senza maglietta. Tutto era spettacolare, i paesaggi, i villaggi e gli scorci di questi luoghi dove nel bel mezzo del nulla spuntano picchi montagnosi alti e stretti con dislivelli inimmaginabili. Tutto a parte le strade… sempre più sterrato e sempre più polvere che per tutta la giornata ci ha accompagnato lungo questi percorsi, in compagnia di camion che a superarli c'era da aver paura, tra discese e tratti in salita dove era davvero complicato mantenere il controllo del manubrio. In alcuni punti ci siamo trovati così vicini al confine con la Cina che "sarebbe bastato solamente" superare la collina per trovarsi in territorio straniero.
Anche in quest'occasione siamo passati attraverso villaggi dove lungo le strade erano i bambini a farci da corteo. Ricordo ancora quel ragazzino in motorino che ci è stato a fianco per quasi più di venti minuti, come se fosse parte del gruppo e in quell'arco di tempo non ha mai smesso di sorriderci. Tutti sembravano godere del nostro passaggio e su tanti volti, anche solo con un semplice saluto, riuscivamo a strappare un sorriso.
Lungo una di queste strade in mezzo al nulla abbiamo incontrato due occidentali che da tanto tempo non si vedevano più. Erano due signori francesi sulla cinquantina che con un semplice zaino in spalla stavano ripercorrendo da nord a sud tutto il percorso in cui solo alcuni decenni fa passavano solo camionette e soldati francesi. Volevano ripercorrere a piedi le strade dei loro padri e incontrare di persona coloro che quella guerra l'avevano vista con i loro occhi.
Dopo un continuo di sali scendi lungo le montagne e le infinite risaie, siamo arrivati nuovamente nella metropoli tra ponti, palazzi e hotel. Cao Bằng era un'altra città moderna di questo selvaggio nord. Siamo riusciti a trovar una bellissima stanza a buon prezzo, dove ci attendevano aria condizionata, lenzuola pulite e una doccia rigenerante… eravamo più sporchi dello sporco, i vestiti e la pelle erano bianchi, completamente ricoperti di polvere.
Era una stanza da tre… attendavamo solo un messaggio di Jakob. E proprio quando stava per svanire ogni speranza ecco illuminarsi il cellulare. Jakob ce l'aveva fatta, era arrivato fino a Cao Bằng dopo una lunghissima tirata da Hạ Long. Il giovane danese c'è l'aveva fatta in tempi record!
È stato un piacere rivederlo, non so perché ma era come riabbracciare un fratello e averlo lì di nuovo con noi mi faceva sentir bene, come se un pezzo mancante fosse tornato al suo posto.
Mancava solo Romi che nel frattempo era arrivata fino ad Hà Nội grazie al passaggio di due ragazzi che avevano caricato sul loro furgone lei e la moto. Lì era riuscita a svendere la sua moto ad un rivenditore locale, la sua avventura sembrava finita, finché non ha incontrato una ragazza che era al termine del suo viaggio; Romi si era innamorata di un'altra moto… sarebbe tornata sulla strada. Dovevamo solo trovare il luogo giusto di incontro e quel posto sarebbe stato Hà Giang da lì a due giorni.
La compagnia si stava riunendo, non ci restava che festeggiare. Jakob sembrava aver risolto definitivamente i suoi problemi con la moto… dico sembrava, ma al tempo stesso gli era sopraggiunto un altro problema; non so come fosse in grado, ma nel bene e nel male riusciva sempre a trovar il sorriso e ad andar avanti senza dar troppo peso alle disgrazie che ogni giorno gli succedevano. Questa volta aveva raggiunto l'apice! Durante la sua folle rimonta era riuscito a perdere lo zaino "saldamente" legato sul portapacchi della moto. Quello zaino in cui per fortuna non aveva alcun documento o oggetto di valore ma "solamente" tutti i vestiti e gli indumenti. Quando se n'è accorto ha fatto marcia indietro ma dello zaino non c'era più la minima traccia, sparito nel cuore del Vietnam, con tutti i suoi vestiti e anche un mio paio di pantaloncini. Ora gli toccava comprarsi uno zaino nuovo e rifarsi il guardaroba. È stata una scena epica, a cui io ed Eliot riuscivamo a stento a crederci.
19 Novembre 2015
Non c'era tempo per dormire, quel giorno avevamo da compiere una mega impresa! Andare a visitare le cascate di Bản Giốc e raggiungere Romi ad Hà Giang, bastava solo crederci!
Sveglia alle 4.30 del mattino nel buio più totale di una Cao Bằng ancora addormentata.
Abbiamo lasciato i nostri bagagli alla reception partendo leggeri semplicemente con un uno zainetto e delle provviste.
A quell'ora faceva un freddo assurdo e per grazia di Dio ci eravamo muniti di giacca; ma come sempre ci doveva essere sempre qualche problema e come al solito toccava al nostro amico Jakob. Le luci della sua moto erano nuovamente partite e la cosa ha reso la marcia un po' più lenta. Sempre in fila indiana con io ed Eliot ad aprire e chiudere la fila, ci siamo inerpicati lungo queste strade prive di luce con buche a cielo aperto e tornanti improvvisi. A tutto ciò si era aggiunto il fatto che ci eravamo completamente scordati di controllare la benzina… su quelle strade non c'erano segni di un villaggio né tanto meno di un benzinaio. Quando le speranze erano oramai svanite, davanti a noi è apparsa un'area di servizio che dalle insegne spente dava il chiaro segno di essere chiusa. Ovviamente non esisteva nessun self-service, abbiamo provato a bussare all'interno dell'ufficio senza però ricevere una risposta, eppure qualcuno dentro a dormire ci doveva essere. Abbiamo atteso fino alle 6.30 quando finalmente un ragazzo tutto addormentato è uscito dalla porta ancora intento a vestirsi. Con gli occhi ancora semichiusi ci ha riempito i nostri serbatoio che erano rimasti quasi a secco.
Intorno a noi si era già fatto chiaro e profili dei monti erano ora ben marcati, le luci non erano più indispensabili. Abbiamo ripreso la marcia fino a quando ci siamo ritrovati davanti ad un bivio… il bivio. Destra o sinistra? Il navigatore prendeva a mala pena e non si riusciva a decifrar bene la mappa. Riuscivamo solo a vedere il nostro punto e il punto di arrivo ma non la strada di mezzo; che la sorte ce la mandi buona, andiamo a sinistra!
A poco a poco le strade si son fatte sempre più piccole… i paesaggi attorno a noi erano sì fantastici ma qualcosa mi diceva che avevamo preso la strada più lunga e non sicuramente quella giusta. L'asfalto era già sparito da parecchio tempo, stavamo guidando su strade fantasmi; con le ruote nel fango e con i continui sali scendi ed un manubrio che non smetteva mai di tremare sembrava di essere finiti su una pista da cross, peccato che sotto i nostri sederi c'erano pur sempre le nostre Honda Win. I rumori metallici dei pezzi che a poco poco si stavano lasciando andare, ci hanno accompagnato per tutta la strada. Se bucavamo in quel tratto, nessuno ci sarebbe venuto in soccorso.



Lungo questa via immersa nel verde delle colline e della foresta vietnamita, siamo finiti in mezzo a villaggi veramente dimenticati da Dio, lì abbiamo visto il vero Vietnam, quello rimasto fuori dall'onda del turismo e dalla vita moderna. Come eravamo finiti lì non riuscivamo a chiedercelo. Il navigatore non dava segni di vita… dovevamo semplicemente orientarci secondo i nostri sensi, l'unica cosa certa era che ci stavamo allontanando dalle cascate. Non so per quanti chilometri abbiamo proseguito e non so nemmeno come abbiamo fatto superare alcune strade; ricordo ancora un tratto in discesa dove la carreggiata spariva completamente, al suo posto c'erano solo una distesa di pietre dove i vietnamiti stessi facevano fatica a passare con i motorini, dove se ti fossi fermato, saresti sprofondato immediatamente perdendo il controllo del mezzo.
Abbiamo superato un sacco di fiumi, guadato un sacco di pozzanghere e incontrato scorci e scene indimenticabili. La vita nei villaggi, i lavori nelle risaie e gli animali al pascolo lungo le strade di queste vallate che si perdevano a vista d'occhio.



Ad un certo punto la strada si è fatta più grossa, il cellulare ha ricevuto alcuni segnali; ci trovavamo a pochi passi dal confine con la Cina, davanti a noi si aprivano le porte verso l'enorme impero. Ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti, quando ci ricapiterà di entrar in moto in Cina? Proviamoci… non c'era l'aria di nessun posto di blocco là dove sventolava la bandiera rossa con le stelle gialle, la strada era sgombra. Abbiamo dato gas ai motori e ci siamo diretti verso la linea di confine ed è proprio lì, a due passi dall'impresa che dal nulla è saltata fuori una guardia facendoci cenno di far dietro front! Una volta, due volte, un selfie e prima che potesse ripetercelo la terza volta, avevamo già fatto dietro front.
Secondo i miei calcoli in tutta quella mattinata avevamo costeggiato parallelamente la strada principale… dovevamo solo trovar una strada che ci avrebbe ributtato su quella via.
Dopo 5 ore di marcia (quando il navigatore ne segnava solamente 3), siamo finalmente riusciti a ritrovar le retta via che in pochissimo tempo ci ha portato lì in quel posto paradisiaco, le cascate di Bản Giốc.
Queste cascate segnano il confine tra il Vietnam e la Cina, oltre quelle acque si era già in territorio cinese. Sull'altra sponda si poteva già scorgere il flusso di turisti locali che a bordo di piccolo barche arrivavano fino alla base di questa spumeggiante cascata.
Dico cascata quando in realtà è composta da più salti e flussi d'acqua che raggiungono i 30 metri d'altezza. È la quarta cascata più grande al mondo che divide due stati, dopo le Cascate Iguazu (Argentina-Brasile), le Cascate Vittoria (Zambia-Zimbabwe) e le Cascate del Niagara (Canada-Stati Uniti).
Sentir quel vapore sulla pelle era davvero rigenerante, così come il rumore dell'acqua che sembrava provenire da tanto lontano, un rumore continuo e millenario che andava finalmente a depurare i nostri timpani che fino a quel momento avevano udito solo il rombo delle nostre moto.









Volevamo ammirare quelle cascate fino in fondo, ci siamo inerpicati lungo un sentiero a dir poco instabile, tra fango e rocce umide; sotto quella foresta, dopo qualche arrampicata e prove di abilità siamo finalmente arrivati in cima alla cascata. Da lì faceva ancora più paura! La massa d'acqua davanti a noi era indescrivibile, finire in quella corrente era l'ultima delle nostre intenzioni, non ne saresti uscito vivo; la potenza dell'acqua e il rumore che produceva erano meravigliosi.
A fianco a noi scorreva un piccolo ramo di questa immensa cascata e una sua piccola vena ha accettato di bagnarci le teste. Ci siamo tolti i vestiti e ci siamo fatti battezzare da queste acque fresche che in un batter d'occhio ci hanno tolto tutta la stanchezza di una mattinata interminabile.


Con noi non avevamo nessun ricambio, ma non importava… le mutande le avremmo appese ad asciugare sulla moto e i nostri corpi si sarebbero asciugati con la stessa aria.
È stato un posto indimenticabile a cui però abbiamo dovuto dire addio troppo presto. Dovevamo tornar velocemente al campo base a riprendere i nostri bagagli e guidare fino ad Hà Giang, questa volta seguendo la strada principale.
E in effetti ci abbiamo messo davvero poco, come in una gara di moto GP sfrecciavamo su questi tracciati perfette fatti di continue curve e tornanti in una vallata che per un momento mi ha ributtato indietro in Italia, quando lungo le montagne vedevo queste file di centauri piegarsi a terra lungo gli infiniti tornanti; peccato che non stavamo scendendo da nessun passo dello Stelvio ma verso un passo completamente diverso. Forse avevamo fatto bene a prendere involontariamente una strada alternativa all'andata… per tre ore i miei occhi sono rimasti incantanti davanti ad un paesaggio senza eguali. Mi viene quasi da dire che su questa precisa strada ho assistito agli scorci più belli di tutta la mia esperienza, un misto tra Hạ Long Bay e il giurassico parco di Phong Nha. I raggi del sole filtravano delle nuvole andando ad illuminare questi immense colonne ricoperte di vegetazione che si perdevano a vista d'occhio, ai loro piedi solo fiumi, risaie e mandrie di bufali. Su quella strada priva di traffico è stata una passeggiata rientrare a Cao Bằng.





Abbiamo ripreso i nostri bagagli e caricato di nuovo le nostre moto. Un cambio veloce dell'olio e un'avvitata a tutti i bulloni che dopo quella giornata si erano lasciati ad andare ed eravamo pronti per partire. Dopo i circa 180km della mattinata, davanti a noi ci aspettavano ancora 238km. Un'impresa impossibile… il sole stava quasi sparendo e non ce l'avremmo fatta sicuramente, molto probabilmente avremmo tirato fino a Bảo Lạc a metà strada, che "se tutto fosse andato bene" avremmo raggiunto in poco più di tre ore.
Eravamo pronti a partire, Jakob aveva fatto sostituire anche le luci che ora funzionavano perfettamente.
Ritornavamo nuovamente sulle montagne e questa volta si saliva veramente, la mappa era un continua zig e zag, i tornanti non sarebbero mancati, così come le scalate e le tanto attese discese.
Eravamo già ad alta quota quando il buio ha incominciato a circondarci, le strade erano parecchio strette e non avevamo la minima idea di cosa ci stesse circondando, l'unica certezza era che alla nostra destra dove a delimitare il tutto c'erano solo dei paletti o dei piccoli muretti, c'era il vuoto completo… dei precipizi da dove non giungeva alcuna luce.
E proprio quando tutto sembrava andar per il liscio ecco che partono nuovamente le luci di Jakob, la lampadina si era bruciata. Abbiamo nuovamente ripreso la marcia in fila indiana, rallentandola per star il più vicino possibili. Saranno state le 9 di sera quando finalmente siamo entrati in un piccolo paesino completamente immerso nel buio, solo una luce era accesa e sulla soglia di una porta c'era una signora. Le abbiamo fatto capire se per caso c'era qualcuno che ci potesse sistemare la luce… tempo cinque minuti siamo stati scortati da quello che sembrava suo marito e dall'intera famiglia verso un'altra abitazione. Qui ha aperto il garage che aveva tutta l'aria di essere un'officina; in due minuti ha sostituito la lampadina mentre la famiglia era raccolta attorno a lui come in un salotto di casa. Prima di andar via ho chiesto gentilmente se ci poteva vendere un paio di lampadine di scorta temendo che il problema sarebbe successo di nuovo.
E così fu… dopo pochi chilometri ecco di nuovo spegnersi la luce. C'era sicuramente qualcosa che non andava con l'impianto elettrico della moto, era impossibile che si bruciassero così in fretta. Eravamo in mezzo al nulla dove le uniche luci a guidarci erano quelle delle stelle, una stellata indimenticabile in cima alle montagne. Per fortuna quella notte non avremmo incontrato né pioggia né nebbia.
Con solo un coltellino a portata di mano mi son messo a svitargli la mascherina e gli ho sostituito la lampadina… ne avevamo ancora una.
Altri dieci minuti ed eravamo punto a capo, oramai mi ero arreso all'idea che avrebbe viaggiato ancora nel buio. Dopo che anche l'ultima lampadina era partita ho tirato fuori la mia solita torcia e gliel'ho fissata davanti con il nastro adesivo… non faceva molto ma per lo meno se qualche camion passava poteva vederlo. Eravamo già messi malissimo, cos'altro poteva succederci o meglio, succedergli?
Le marce hanno incominciato a dargli problemi, la pedivella non rispondeva più ai comandi del suo piede, non entrava la seconda o meglio non entravano le marce… la stava letteralmente perdendo.
Ci siamo fermati in mezzo alla strada facendogli luce con le nostre moto, ho trovato un bastone e un sasso e in qualche modo abbiamo cercato di ripicchiar dentro la pedivella senza comunque ottenere un miglioramento, in tutto ciò non c'eravamo accorti di esserci fermati appena dopo un tornante, rischiando quasi di essere investiti da un camion che ovviamente ha tirato dritto.
Ho lanciato via il bastone e il sasso e mi son seduto per terra… non ne potevo più. Non potevo continuare così, mi stavo chiedendo perché mi ero aggregato ad altra gente e perché non mi son arrangiato da solo fin dall'inizio, perché dovevo sempre preoccuparmi così tanto per gli altri… dovevamo fermare assolutamente qualcuno e chiedere di portar la moto al paese più vicino, ma a chi? Ho pensato che sarebbe stato più intelligente abbandonare la moto lì e riprenderla il giorno dopo chiedendolo l'aiuto di qualcuno.
Ma alla fine non so cosa mi ha spinto a continuare e a pensare che tutto si sarebbe risolto per il meglio se ci si aiutava di nuovo a vicenda. Ho fatto segno a Jakob di saltar in sella e di tirar la frizione, su quelle montagne l'avrei spinto.
Era una salita continua dove Trinh doveva portar non solo il mio peso ma anche quello di Jackob e della sua moto, di una moto che oramai non andava più e pure priva di luci. Più salivamo più pregavo che la strada si facesse pianeggiante e arrivasse una tanto attesa discesa; a quel passo non saremmo più arrivati a Bảo Lạc. Avevo una fame assurda e gli occhi incominciavano ad essere pesanti, dopo una sveglia alle 4.30 una giornata così non ci voleva proprio. Dopo circa 5km di marcia compiuti in più di un'ora la strada ha incominciato a scendere… finalmente la mia gamba tornava a riposare. Ed è proprio qui, all'alba delle 11 di notte che i nostri angeli custodi ci sono venuti nuovamente incontro.
Non so come posso definirlo, un punto di ritrovo? Non saprei nemmeno io… in mezzo al nulla più assoluto questo gruppo di ragazzi attorno i vent'anni stavano giocando a biliardo e bevendo birra dentro un capanno. Non so in quanti si sarebbero fermati in questa situazione e non so nemmeno se l'avessi fatto anch'io qualche anno fa. Ma il viaggio mi ha cambiato, questi due anni lontano da tutti e da tutto mi hanno portato ad aver più confidenza delle persone e a fidarmi di loro fregandomene spesso dell'apparenza. Questi ragazzi aveva quelle tipiche facce poco rassicuranti, con sigarette in bocca e birra in mano, quel sorrisino di chi ci è già andato giù pesante, eppure erano la nostra unica salvezza. Si sono subito accorti del nostro arrivo e hanno posato le loro stecche sul tavolo, avevamo interrotto il loro chiasso. Erano forse una decina, ora non ricordo più, si sono avvicinati. Uno di loro si è staccato dal gruppo e ci è venuto incontro… li abbiamo subito indicato la moto di Jakob, gli abbiamo fatto vedere la torcia fissata sulla mascherina e li abbiamo porto la pedivella del cambio. Improvvisamente il gruppetto è scoppiato a ridere… lo potevo ben capire, il nostro stato e le nostre facce erano imbarazzanti. Per un attimo mi son sentito sprofondare, quel sorriso mi stava decisamente umiliando; non eravamo finiti in un'officina e sicuramente non ci avrebbero potuti aiutare. Poi sempre lo stesso ragazzo è ritornato indietro con un paio di arnesi… non poteva sostituirci la torcia ma avrebbe comunque provato a fissar la pedivella. Tempo 10 minuti non chiedetemi come il cambio era tornato a funzionare. La pedivella era stata reinserita e non sarebbe più uscita di sede.
Non sapevamo più come ringraziare questi ragazzi che come una luce nel buio sono apparsi in mezzo al nulla, quasi come fossero lì ad aspettare noi. Jakob lì ha ripagati come giustamente meritavano, ci hanno offerto di restar con loro ma non potevamo fermarci, secondo quel poco che ci segnalava il navigatore ci mancavano 40km per Bảo Lạc.
Ci siamo rimessi di nuovo in marcia ringraziando ancora una volta quel piccolo ragazzino che con solo un paio di attrezzi in mano ci aveva rimesso in strada. Eravamo di nuovo in fila indiana ora che la strada era tutta in discesa. Era tardissimo e noi eravamo veramente a pezzi, non vedevamo l'ora di arrivare in città e buttarci in un letto, sempre se l'avessimo trovato…
Le stelle ci avevano già abbandonato da tempo e sopra le nostre teste si era fatto tutto più nero, alle nostre spalle il cielo si era fatto più cattivo, un temporale era alle porte e i lampi in lontananza non preannunciavano nulla di buono.
A stento riuscivo a tenere gli occhi aperti, mi sentivo come sotto qualche sostanza stupefacente; il mio corpo mi guidava ma la mia mente era persa in un altro mondo, pensieri belli e brutti mi tormentavano e tutto intorno a me vedevo ombre. Le ombre di Jakob ed Eliot proiettate contro le rocce dalla luce della mia moto avevano preso forme mostruose e gigantesche; era come se stessi sognando ad occhi aperti… poi all'improvviso mi sono svegliato, un cartello davanti a noi diceva Bảo Lạc.
Erano già le 24.00 e tutto sembrava chiuso e dietro di noi incominciava a tuonare. Un insegna ha attirato la nostra attenzione, c'era ancora un motel che aveva l'aria di essere aperto, abbiamo continuato nella speranza di trovar qualcosa da mettere sotto i denti prima di spegnere definitivamente i nostri corpi.
Nella piazza c'era un baracchino con tanto di tavolata esterna che a quanto pare faceva ancora da mangiare. Lì ai tavoli c'erano seduti solo alcuni ragazzini completamente ubriachi che urlavano e ridevano scolandosi le loro birra in lattina e cacciando giù ciotole di cibo.
In quel momento c'era solo un pasto, una sorta di riso bollito ridotto a zuppa, volendo ci si poteva aggiungere della carne. Un pasto caldo che ha rigenerato le mie ossa e il mio corpo; eravamo talmente distrutti da non voler nemmeno la consueta birra di fine giornata. Ci stavamo guardando in faccia a vicenda ridendo del nostro stato quando mi son sentito toccar la spalla. A fianco a me si era avvicinato uno di quei ragazzi. Potevo perfettamente sentir l'odor di alcool che aveva addosso, mi ha guardato con uno sguardo strabico e allungandomi una birra mi ha chiesto <<Beer?>>, voleva offrirmene una… <<No thanks so much, but I'm really really tired… No grazie mille, ma son davvero davvero stanco>>, gli ho sorriso, lui mi ha fissato per qualche secondo e poi con un'espressione soddisfatta e un occhio spento mi ha bisbigliato <<Fuck you!>>. Son rimasto di stucco… una risposta del genere non me la sarei mai aspettata; si è girato e se n'è andato. Una persona normale, stanca e stressata, dopo una giornata ed un'esperienza come la mia come minimo si sarebbe alzato e gli avrebbe tirato un bello sberlone. Io ho guardato gli altri due e son scoppiato a ridere, siamo scoppiati a ridere. Quel Fuck You era stata la ciliegina sulla torta di una giornata da dimenticare. Anzi no… una giornata che mi auguro di poter ricordar per sempre, una giornata che solo io, Jakob ed Eliot abbiamo vissuto e che difficilmente potremmo descrivervela fino in fondo e farvela capire.
Siamo riusciti a trovar due stanze, ho chiesto di poter aver la singola… avevo bisogno per una notte di star da solo, lontano da tutto e da tutti. Staccar la spina almeno per una notte.
Era già l'una… il mattino seguente la sveglia sarebbe stata alle 7.00, dovevamo raggiungere Romi e se tutto andava liscio tirar fino a Sapa… l'ultima tappa del Nord.
Se tutto andava liscio...






































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