14 Novembre 2015
Ci siamo distesi sui letti giusto il tempo per sistemare le nostre cose e far riposare un attimo gli occhi; alle 9.00 eravamo già tutti pronti per una buona colazione e per iniziare la giornata.
Romi ed Eliot, che erano sul secondo pullman, avevano tirato dritto arrivando fino alla capitale Hanoi. Con loro ci saremmo ritrovati in qualche modo ad Hạ Long Bay il giorno successivo.
Avevamo da fare alcuni aggiustamenti alle moto che la notte prima erano state letteralmente ribaltate nel porta bagagli del pullman. Trinh aveva solamente una ruota buca già dalla sera prima, mentre la moto di Jakob aveva subito qualche maltrattamento; la carrozzeria laterale si era staccata e la batteria della moto era saltata fuori. Nulla di grave, due viti e tutto sarebbe tornato a posto.
La cosa divertente era arrivare fin al benzinaio con la moto a spinta, dato che per essere caricate erano state svuotate. Per fortuna ho incrociato un signore che mi ha venduto un litro di benzina con cui sono potuto arrivar tranquillamente fino al primo benzinaio fuori dal paesino. Jakob invece l'ho accompagnato a spinta puntando il mio zampino sul suo appoggia piede (sarebbe stato un primo allenamento in vista delle future esperienze che ancora adesso a pensarci mi fan venir da piangere).
Ninh Bình o meglio Tam Cốc è una località molto turistica che offre escursioni a bordo di piccole barche lungo il fiume Ngô Đồng, attraverso scenari spettacolari dominati da risaie, grotte, rocce carsiche e monti a picco sul fiume.
Peccato che eravamo finiti nella stagione sbagliata, il riso era già stato raccolto e la nuova semina era ancora sommersa sotto le acque; quindi non avremmo attraversato le infinite distese di verde e giallo, tipiche delle risaie nel periodo della maturazione. Andatevi a vedere qualche immagine su internet e ammirate il fascino di un scenario del genere.
Abbiamo comunque optato per l'escursione che a mio giudizio è stata comunque appagante.
In due per barca, siamo stati accompagnati lungo il fiume immersi nel silenzio di questa gola scavata tra le montagne. Un posto incantato le cui calme acque erano ricoperte da ninfee e ciuffi di un riso in procinto di rispuntare. Uccelli acquatici e anatre facevano spesso la loro comparsa in mezzo a questo mondo sommerso che in quel giorno uggioso riposava all'ombra dei templi e dei monti su cui dirupi molto spesso era facile notare delle piccole macchie bianche, si trattava di capre selvatiche.


La particolarità di questo viaggio era il fatto di essere su delle piccole barchette, lunghe e strette, molto simili a quelle che si vedono sul nostro fiume Ticino. La differenza stava nella forza motrice, non un motore ma semplicemente un paio di remi mossi dalla forza umana; fino a qua tutto normale… ma a guidare questi due pali di legno non erano le mani del ragazzo, ma bensì i suoi piedi. Seduti su una poltrona, con le gambe aperte, questi ragazzi/e facevano "la bicicletta" con ai piedi dei remi; mi ha sorpreso un sacco la semplicità e la precisione nel compiere tale gesto.
Avremmo probabilmente trascorso più di un'ora su questo fiume, lungo i villaggi sulle sue sponde, attraversando cunicoli sotto i quali ci passava a malapena un imbarcazione e i cui soffitti andavano a sfiorare le nostre teste.
Da lì siamo saltati nuovamente in sella alle nostre moto; attraversando stradine di campagna e viottoli privi di traffico, tagliando tutto il tratto di autostrada, siamo arrivati fino alla strada principale che ci avrebbe condotto ai famosi templi e pagode dell'area di Ninh Bình.
La giornata era veramente brutta, nebbia qua e là, non un raggio di sole e il rischio di pioggia sempre in agguato; i tempi erano limitati e abbiamo deciso di fermarci al tempio più vicino.
Il Bái Đính Temple, un enorme complesso di palazzi, pagode e templi antichi… o meglio moderni; ed è proprio questo che ci ha lasciato un po' perplessi, il fatto che tutto era così "finto", una riproduzione moderna dell'architettura antica, a tutto ciò si sono aggiunti il tempo deprimente che ha rovinato tutto il paesaggio e la stanchezza per la sera precedente. Insomma quest'area che con i suoi 700 ettari, tra colline, laghi e giardini, detiene il titolo di complesso di tempio buddista più grande in Vietnam ci ha lasciato con un punto di domanda in sospeso. Troppo evidente la volontà di apparire sempre più grandi costruendo sempre più in larghezza e soprattutto in altezza, con la nuova torre appena portata a termine; loro hanno il maggior numero di statue in tutto il Vietnam, record di corridoio, di templi, i più larghi, i più alti ecc ecc.
Siamo ritornati in ostello quando era ormai buio. Avevamo superato la famosa scorciatoia finendo involontariamente a guidare sull'autostrada che a quell'ora della giornata era una cosa indescrivibile. Un flusso continuo di camion, polvere e smog. Come è apparso il cartello Tam Cốc i miei occhi si sono illuminati e i miei polmoni hanno ripreso a gonfiarsi.
Camminando lungo le vie di questo piccolo paesino siamo trovati davanti a un ristorante dove all'interno del cortile si stava svolgendo un matrimonio. Abbiamo cacciato dentro la testa e come hanno notato la nostra presenza, i commensali, nonché gli invitati alla cerimonia ci hanno fatto cenno di entrare e di brindare con loro. Siamo stati presi d'assalto da un gruppo di tre o quattro persone, evidentemente i più "avanti", i più brilli, sicuramente gli amici dello sposo. In quei dieci minuti di follia ci hanno caricato di bicchierini di vodka bevuti direttamente dai loro al ritmo di <<Một hai ba, yoooooo>>, il loro salute, tradotto letteralmente <<Un, due, tre, Yooooo>>. Tra bocconi di cibo, che ti venivano cacciati in bocca direttamente dalle bacchette dei commensali, di cui non avevi la minima idea della provenienza e soprattutto di quale strano cibo si trattasse. Dieci minuti di standing ovation che per un istante hanno puntato tutti gli occhi su di noi, mettendo in secondo piano i veri protagonisti della serata, gli sposi che a dirla tutta non son riuscito nemmeno a ringraziare.
Leggermente storditi per quei pochi bicchierini a stomaco vuoto, siamo andati a cenare in un baracchino di una simpaticissima famigliola il cui "nonno" non faceva altro che ridere e far il simpaticone, da lì il titolo di Nonno Felice. Una cena formidabile, ad un prezzo irrisorio in compagnia di gente fantastica.
Il giorno successivo ci attendeva una lunga tirata fino a Cát Bà nell'arcipelago di Hạ Long Bay, dove ci saremmo rivisti con Romi ed Eliot. Daniel, Ane e Alice ci avrebbe invece raggiunto in pullman. Io e Jakob eravamo pronti per la nostra partenza, sveglia ore cinque.
15 Novembre 2015
Eravamo pronti a ripartire e riprendere i ragazzi. Ore 5.30 mi arriva una chiamata dall'Italia. Erano mio fratello Martino e Laura i quali hanno avuto il piacere di sentire in diretta il rombo della mia cara Trinh che in quei minuti si stava scaldando per la lunga tirata.
Tutto era pronto, casco in testa, giubbotto in pelle allacciato, musica aggressiva alle orecchie, scambio di sguardi tra me e Jakob, segno d'intesa… pronti a partire.
Sale in sella alla moto, gira la chiave, carica il piede sulla pedivella e Pliiiiiiiiin.
Vedo la leva di accensione volare per terra lì davanti a nostri occhi. Non so perché ma in quel momento son scoppiato a ridere, era stata una scena epica. Sembravamo quasi seri ma all'ultimo ci siamo smentiti ancora una volta.
Non c'era modo di rimettere su la pedivella, si era letteralmente smangiata, andava sostituito un pezzo. No problem. Gli ho infilato il pezzo nello zaino, gli ho detto di girar nuovamente la chiave, di mettere in prima e tirar la frizione.
L'ho spinto e senza bisogno di pedivella siamo ripartiti ("stranamente" non gli si accendeva nemmeno con il pulsante, batteria partita). Gli ho fatto cenno di continuare e di non fermarsi fino a quando non avremmo trovato un meccanico a Ninh Bình.
Nel frattempo si stava già facendo chiaro, l'autostrada era priva di traffico e la luce preannunciava una giornata di sole.
Saranno state le sei del mattino quando finalmente abbiamo trovato un meccanico che proprio in quel momento stava per aprire. Meccanico che ovviamente era un'improvvisata officina sulla strada davanti alla casa di questa giovane famiglia. Con i bambini piccoli che giocavano sul bordo dell'autostrada, la moglie che cucinava lì in mezzo ai rottami di moto e il marito, costruttore di barche in legno, che si improvvisava meccanico.
Ha guardato la pedivella e la batteria e ci ha fatto capire che era tutto da sostituire e che avrebbe richiesto un po' di tempo e soldi.
In poco meno di mezz'ora, con i pochi pezzi a disposizione e l'ingegnosità di queste persone che con poco riescono a risolverti anche il peggior dei problemi, la pedivella era stata rimpiazzata e la batteria rimessa a nuovo. La moto si accendeva semplicemente premendo il bottone; finalmente eravamo pronti a riprendere la marcia. Abbiamo ringraziato quella giovane famiglia e siamo ripartiti.
Ma non poteva finir lì… dopo un po' che stavamo andando, fermo ad un semaforo mi son accorto che la chiave della mia moto penzolava magicamente sul mio manubrio e il componente dove si infila la chiave per l'accensione era letteralmente saltato via, sparito!
Ora vorrei aprire una parentesi. Al momento dell'acquisto sapevo già di questo problema, che durante la marcia poteva capitare che la chiave saltasse fuori, per questo avevo un laccio che me la teneva legata al manubrio nel caso fosse successo, ma mai avrei pensato di perdere anche il pezzo dove va infilata. Panico!
Non potevo né spegnerla, a meno che non mollavo la frizione, o meglio non dovevo spegnerla perché poi non sarei più riuscito ad accenderla. Non me l'ero mai chiesto… era possibile cambiar l'ingresso della chiave della moto senza permessi ecc?
Abbiamo guidato fino al primo meccanico e nessuno sapeva come aiutarmi, alla fine abbiamo trovato quello che doveva essere un elettrauto. Per 4€ e due minuti di manodopera avevo in mano un nuovo mazzo di chiavi e un ingresso nuovo. Taaac, benvenuti in Vietnam.
Ci siamo fermati a far colazione in zona Thái Bình, dove ci siamo gustati forse la colazione più buona di sempre per tipo meno di 1€ a testa. Il classico Banh Mi, la baguette vietnamita (introdotta ovviamente dai francesi) farcita di uova, cipolla secca, insalata, cetriolo, carota e salsa piccante. Due a testa ed eravamo a posto per tutta la giornata!
Da lì dovevamo compiere una lunga tirata fino ad Hải Phòng, da dove poi avremmo preso il traghetto prima per Cát Hải ed infine per Cát Bà.
Abbiamo deciso di uscir una volta per tutte dalla strada principale, era tempo di godersi la bella giornata e di infilarsi lungo le strade secondarie che sicuramente ci avrebbero offerto degli scenari decisamente diversi.
Abbiamo sicuramente allungato la nostra marcia e sballato la nostra tabella di marcia ma i passaggi lungo quelle piccole stradine in mezzo ai campi e alle risaie hanno avuto il loro perché. Passando tra i villaggi decorati da bandierine e colori di un festa alle porte o già passata.
In fine siamo giunti in zona Hải Phòng dove in poco tempo abbiamo trovato il porto da dove sarebbe salpato il nostro traghetto.
Qui un sacco di gente era in attesa sui propri motorini e sulle macchine; non c'erano tracce di occidentali, eravamo gli unici "turisti" su quella barca. Eravamo così "speciali" tanto che la gente ci fermava a far una foto con loro, immortalandoci nei loro selfies.
Idem sulla seconda, decisamente più piccola, che ci ha fatto approdare finalmente a Cát Bà. Per la prima volta ci trovavamo in un'isola e che isola, niente meno che la più grande del famoso arcipelago di Hạ Long Bay. Qui eravamo immersi nel verde dei monti che a tratti ci lasciava intravedere il mare e il sole che a poco a poco stava calando. Metà della sua superficie è ricoperta da un Parco Nazionale che ospita una fauna ad elevato rischio di estinzione. Cát Bà paese è situato in una baia piena di piccole barche, principalmente pescatori, ed è qui che dopo 170km di viaggio, abbiamo ritrovato quei due dormiglioni di Romi ed Eliot. Quasi contemporaneamente sono arrivati anche Daniel, Ane e Alice a bordo di un pullman.
Abbiamo festeggiato la reunion con una bellissima serata in un locale di backpackers, in compagnia di un gruppo di pazzi argentini e brasiliani, dove ho fatto letteralmente da dj (in Vietnam nella maggior parte dei locali la musica è collegata ad un computer connesso a Youtube, dove la gente può mettere in lista le proprie canzoni). Saremo rientrati in stanza alle tre del mattino… il giorno dopo il ritrovo era attorno alle otto e mezza...
16 Novembre 2015
È stato un risveglio traumatico. In meno di mezz'ora dovevamo essere pronti al punto di ritrovo vicino al porto, la colazione potevamo sognarcela.
Non eravamo gli unici a prendere parte al tour, con noi c'erano altre persone, principalmente coppie e famiglie. Mancavano ancora una decina di persone all'appello; nel frattempo, in lontananza, ecco avvicinarsi un gruppo di ragazzi con testa bassa, occhiali scuri e movimenti lenti… erano gli argentini e i brasiliani della sera precedente che inaspettatamente erano finiti insieme a noi sulla barca.
Il tour, che sarebbe durato l'intera giornata, ci avrebbe guidato attraverso alcune delle più di 2.000 isolette della famosissima Hạ Long Bay, il tutto per circa 15$.
Non era passato tanto tempo da quando avevamo lasciato il porto di Cát Bà e già in lontananza si potevano scorgere i primi colossi spuntare dalla superficie dell'acqua, le "isole" di Hạ Long Bay. Il tempo non era un gran che, il cielo era coperto e la possibilità di pioggia non era bassa, faceva comunque caldo tanto da poter star senza maglietta.
Ci era stato detto che nel tour sarebbe stata compresa una guida che avrebbe parlato esclusivamente in inglese e che ci avrebbe delucidato sui posti che avremmo visitato. In realtà il ragazzo riusciva a dir quattro parole in croce e le uniche spiegazioni erano il dito puntato sulle rocce e qualche verso. Ma in fin dei conti mi sarebbe bastato arricchire i miei occhi di un posto così misterioso, fantastico ma fottutamente reale.
Abbiamo fatto una sosta a Monkey Island dove avremmo potuto incontrare delle simpatiche scimmiette in libertà. Qui ci è stato concesso di girar l'isola per qualche minuto.
Insieme ad altri ragazzi mi sono avventurato lungo un sentiero che saliva fino in cima al picco più alto dell'isola. In mezzo ad una giungla umida e ricca di colori, siamo arrivati fino al punto in cui terminava il percorso. Da lì c'era una vista spettacolare… ma non era comunque il punto più alto. Sopra i nostri occhi una serie di rocce aguzze e per niente invitanti si innalzavano fino ad arrivar alla vetta dell'isola. Con i piedi nudi che mi gridavano pietà e con gli occhi che mi supplicavano di proseguire mi son arrampicato lungo questi scaglioni. A ripensarci adesso sono stato un idiota, bastava un passo falso e sarei scivolato lungo questi spuntoni che di liscio e arrotondato non avevano nemmeno un granello, ma ero sul punto più alto. Con un piedi su una roccia e l'altro su uno spuntone ero in equilibrio sul nulla. Tutto intorno a me uno spettacolo impareggiabile… Davanti solo spiagge bianche e l'acqua verde smeraldo, alle mie spalle un'altra baia quella nascosta agli occhi dei turisti, non più bianca ma completamente ricoperta di tutto ciò che la corrente del mare portava.
Abbiamo continuato lungo queste infinite insenature, circondati da giganti di pietra e grotte che proiettavano lo sguardo verso un'ulteriore baia. In una di queste abbiamo fatto una breve escursione a bordo di alcuni kayak che si è trasformata in una gara di velocità con Antonio Rossi a rappresentare l'Italia e Eliot il Canada, conclusasi con il boato di Giampiero Galeazzi <<Rossi c'è! Rossi c'è! Adddiamooo, cappioni del moondoo>>.
Anche se la giornata non è stata delle migliori, Hạ Long Bay è riuscita comunque ha conquistare il mio cuore. Alla domanda, quali sono i dieci posti più belli in cui sei stato, includerei sicuramente questa leggendaria meraviglia della natura. Le foto e i video non renderanno mai l'idea di quanto questo posto possa sembrare irreale, nel suo silenzio e tra le sue gigantesche colonne di roccia calcarea… Hạ Long "Dove il drago scende in mare".
La leggenda locale dice che molti anni fa gli dei mandarono una famiglia di dragoni per aiutare i vietnamiti dall'invasione dei cinesi; questi dragoni iniziarono a sputare gioielli che si trasformarono nelle isole ed isolotti che punteggiano la baia, unendoli poi per formar una muraglia contro gli invasori.
È stato un ritorno verso il porto a dir poco indimenticabile. Il sole stava calando e la luce si era fatta più calda. Dietro di noi Hạ Long Bay si faceva sempre più distante, con gli ultimi raggi del sole che andavano a colpire le sue isole come se ci volessero concedere un ultimo saluto. Ricordo ancora… ero seduto sulla poppa della barca con i piedi sospesi nel vuoto e lo sguardo rivolto verso la baia. Ho chiuso gli occhi e sulla mia pelle potevo sentire solo l'aria del mare e il caldo degli ultimi raggi di sole. Ero in uno di quei tanti momenti in cui mi son detto <<chi l'avrebbe mai immaginato che un giorno mi sarei trovato qui>> e lì, ho sorriso.
Il giorno dopo saremmo tornati nuovamente sulla terra ferma, ci aspettava una nuova avventura… il giro lungo il selvaggio nord, al confine con la Cina; forse la parte più emozionante, dove in più occasioni avremmo visto il vero Vietnam, quello dove il turista è una presenza rara e dove le strade spariscono da un momento all'altro. Saremmo partiti il mattino seguente, sempre noi quattro, io, Romi, Eliot e Jackob. L'ultima parte, la parte più emozionante ed impegnativa… quella che preferisco.

























































































































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