27 Novembre 2015
Ancora tutto stordito per la scomoda notte passata in aereo, mi sono diretto all'uscita dove al controllo dei passaporti ad aspettarmi c’era una coda chilometrica. Un'infinità di persone, in una fila che non finiva mai. Avevo caldo… se solo mi fosse stato permesso, mi sarei denudato. Non ce la facevo più! Solo i così detti "e-passport", ovvero quelli con il simbolo del dispositivo elettronico, avevano la precedenza e potevano saltare la fila; bene, come il mio, peccato che la bandiera dell'Italia non era tra quelle elencante. Ci ho provato comunque chiedendo gentilmente ad una responsabile delle immigrazioni a fianco a me se il mio passaporto, avendo quel simbolo, era valido. La risposta è stata: <<No, con quello italiano non funziona>>. A testa bassa sono ritornato in fila… ma neanche il tempo di rialzarla che la stessa signora mi fa segno di passare e con tanto di occhiolino mi dice di andare direttamente allo sportello. Grazie mio angelo custode! Mi hai fatto risparmiare come minimo un'ora. Lezioni imparata: "Nell'incertezza sempre meglio chiedere"!
Come previsto mi hanno fatto un sacco di domande: il perché del mio ritorno, se e dove lavoravo prima, se avevo già un biglietto per la Tasmania e come ci sarei andato… insomma un inquisitorio che dopo qualche minuto è terminato con un nuovo timbro sul passaporto. Ben tornato in Australia con il visto turistico!
Questa volta le porte scorrevoli dell'aeroporto si aprivano per me. Dall'altra parte ad attendermi c'erano Luca e Carlotta; neanche il tempo per un ciao o una foto… dovevamo correre indietro a Byron Bay perché Luca era già in ritardo al lavoro e io… in ritardo per l'appuntamento dal gommista a Ballina. Buongiorno Australia! E io che come prima cosa pensavo di andare a surfare!
Dopo un mese è stato strano rivedere i paesaggi di questa terra completamente diversi da quelli che mi son visto nelle settimane precedenti in sella a due ruote. Lo stesso Cody mi sembrava diverso e il fatto di tornare a guidare sulla sinistra mi ha scombussolato per qualche secondo.
Sostituite le gomme anteriori che oramai, dopo i lunghi chilometri di viaggio, avevano perso l'intero battistrada, sono ritornato finalmente a Byron Bay. Ero ritornato a "casa".
Una casa che tutto sommato non avevo più… avrei passato i miei giorni prima della partenza per la Tasmania a casa di Luca e Carlotta che nel frattempo avevano trovato una nuova sistemazione in una bellissima villetta, insieme ad un coppia di italiani: Teresa e David, con il piccolo e iper attivo Mattia di tre anni e mezzo. Un posto davvero carino con la loro camera e bagno separati dal resto della casa. Io ovviamente sarei rimasto nel van posteggiato davanti a casa.
Non ci ho pensato troppo ad infilarmi il costume, prendere in mano la bicicletta e a dirigermi in spiaggia. Di surfare non se ne parlava neanche… c'era troppo vento.
Sono partito come al solito, sfrecciando senza casco tra le vie e con la mia musica nelle orecchie. Ma qualcosa era cambiato… l'estate stava arrivando, le scuole erano finite, la città si era riempite di teen-agers, è stato un flashback improvviso. Precisamente due anni fa io e Luca eravamo arrivati a Byron Bay, quella Byron Bay che ci aveva lasciato un po' perplessi, quella Byron Bay dove la polizia si nascondeva dietro ogni angolo, pronta a darti una multa per qualsiasi cosa; dove se non porti il casco rischi 100$ di multa, dove i ragazzini si ubriacano fino allo svenimento, dove trovare un parcheggio diventa impossibile e soprattutto trovarlo non a pagamento. Questa non era la Byron Bay che avevo lasciato. Ero tornato da poche ore e quasi mi ero già pentito di esserci tornato proprio in quella settimana.
Avevo bisogno di rivedere l’oceano; non era sicuramente il massimo della giornata per un bagno, vento e sole sì e no; ma sentivo la necessità di immergermi in quell'Oceano che per un mese non avevo più sentito sulla mia pelle. Avevo bisogno di sentire il freddo di quell'acqua e il sale incollarsi ai miei capelli. Sono bastati pochi secondi per farmi rinascere, per dimenticare tutto e farmi ripartire da zero.
Invece di svoltar nella loro via ho continuato dritto verso la mia vecchia casa.
Ho bussato alla porta e sono entrato… in casa c'era solo Bridget. Che effetto mi ha fatto rimettere piede nella vecchia casa. Tutto era come prima, a parte le mie cose che non c'erano più.
Quella sera Carlotta ci ha preparato la pizza che non mangiavo da più di un mese.
Mi sono rivisto con gli altri ragazzi: una birra al Rails e una al The Northern. Ho rivisto vecchie facce ma anche un sacco di ragazzini e un'infinità di macchine della polizia. Avevo fatto stra bene ad uscire in bici e questa volta, mi ero portato anche il casco.
Quella sera ho rivisto anche Flo… una ragazza olandese che avevo conosciuto pochi giorni prima della mia partenza; una persona davvero carina ma conosciuta forse troppo tardi.
Il giorno seguente ho dormito come un ghiro… ne avevo veramente bisogno! Dovevo recuperare parecchie ore di sonno.
La giornata è stata poco produttiva, ho iniziato a preparare le mie cose e a sistemare il van in previsione della mia partenza da lì a due giorni.
Luca aveva iniziato a lavorare alle 7 quel mattino e avrebbe terminato alle 11 di pomeriggio, mentre Carlotta avrebbe iniziato nel pomeriggio e finito più tardi.
Così mentre tutti lavoravano, ne ho approfittato per andare a surfare. Il meglio lo offriva Wategoes Beach. Onde davvero piccole ma ci si poteva divertire. È bastata la prima onda a farmi ricordare come si faceva a saltar in piedi. Che emozione.
Era un mese che bramavo di sedermi di nuovo sulla mia tavola con i piedi a mollo nell'acqua ed osservare il sole in lontananza che a poco a poco svanisce. Sarei rimasto lì molto più tempo, ma quella sera avevo un appuntamento importante, avevo una cena con lei. L'ultima cena.
Ed eccola lì. Eccola arrivare verso di me, che seduto l'attendevo davanti alla banca.
Lei sempre vestita bene, comunque sempre appariscente anche con addosso quattro stracci. Sembrava diversa dall'ultima volta che l'avevo vista, la sua pelle ovviamente era sempre più scura e quel piercing finto al naso le davano un fascino orientale da mille e una notte. Lo confesso, era bellissima e per un momento mi sono sentito a disagio. Era bellissima, ma diversa; lo si leggeva nei suoi occhi, nel suo modo di parlare, era cambiata e la sua mente mentre le parlavo era da un'altra parte. Ho visto in lei una persona persa, in cerca di una strada ancora non trovata; una persona in continua ricerca di una quella che lei chiama "felicità", "pace interiore" che per lei stanno ad "isolamento dalle persone", "percorso interiore". Era cambiata. Avrei voluto fermarmi di più quella sera e parlare di noi… ma ho capito che sarebbe stato inutile, sarebbero state parole buttate al vento. Un ultimo abbraccio, un secondo abbraccio… quella sera avevo capito che in fin dei conti se tutto era finito non era stato per una mia insicurezza o per una mia scelta. Tutto era finito perché Amy era cambiata. L'ultimo saluto dalla sua bocca è risuonato come un addio dentro di me.
La domenica seguente è stato una giornata sotto una torrenziale pioggia estiva che ha letteralmente allagato il giardino di casa.
Al primo cenno di sole, io e Luca ci siamo diretti a Tallow per una surfata veloce, prima dell'arrivo di tutta la combricola a casa nostra per un aperitivo tutti assieme.
Il cielo era scuro e mentre camminavamo sulla spiaggia in lontananza si scorgeva l'arrivo di un temporale. Le condizioni delle onde non erano delle migliori, ma qualcosa si poteva comunque fare.
Avevamo parlato di surfata veloce, ma mai ci saremmo immaginati sarebbe stata così “fast”. Neanche il tempo di entrare in acqua e il temporale era già sopra le nostre teste con tuoni e lampi a poca distanza dal punto in cui ci trovavamo. Stava arrivando! Sinceramente non volevamo correre nessun rischio, soprattutto dopo quello che era successo una settimana prima ad un ragazzo tedesco di Byron, morto fulminato mentre surfava.
Abbiamo avuto giusto il tempo di entrare in macchina prima del diluvio universale. Fulmini che cadevano davanti ai nostri occhi, cascate d'acqua sul nostro parabrezza e fiumi sulle strade. Le canaline davanti a casa si erano intasate e il viale era diventato un lago. Il tutto nel corso di un'oretta. Dopo di ché tutto è tornato normale. La quiete dopo la tempesta.
Le gente a poco a poco è arrivata in casa. La compagnia di italiani era al completo, non mancava nessuno! Ma alle nove abbiamo dovuto chiudere i battenti, il piccolo Mattia doveva andare a dormire.
La mia partenza l'ho rimandata di un giorno. La pioggia e il weekend avevano rovinato i miei piani. Quel lunedì ne ho approfittato per andar in banca e richiede una nuova carta dopo che quella vecchia era stata bloccata in Vietnam; sarebbe passata una settimana prima di riceverla ma per fortuna nel frattempo potevo prelevare i soldi da un ATM semplicemente usando il mio smart phone.
Abbiamo sostituito di nuovo l'olio del motore e il filtro, così da evitare di farlo lungo la strada.
Ho caricato tutto l'essenziale. Ho rimontato il letto e organizzato tutto quanto per questa nuova avventura. Tutto era pronto. Io ero pronto, mancava solo un'ultima surfata in quella giornata ventosa ma soleggiata.
Tallow mi ha regalato quest'ultima emozione.
Onde piuttosto pulite, veloci e che si spaccavano praticamente a riva. Bisognava essere rapidi e attenti a non cadere dall'onda, che avrebbe voluto dire essere sbattuti direttamente sul fondo in quel tratto di acqua alta meno di un metro.
E proprio su una di queste mi sono lasciato andare cadendo dritto sulla mia tavola, picchiando braccio e stinco. Mi è andata bene.. solo dei piccoli tagli sulla gamba e una piccola crepetta sulla tavola di facile riparazione (a quello ci penserà Luca). Ma tutto ciò non è stata una scusa per fermarmi.
Ad un'ultima surfata non poteva non seguire un'ultima pizza al Buco e con me questa volta c'era Marco. Un'ultima vera pizza italiana in un posto che solo per il personale ti fa sentire per un momento come a casa e per casa questa volta intendo l'Italia.
Ultima sera a Byron Bay, prima della partenza verso il Sud. Ultima sera passata in casa con Luca e Carlotta a guardare un film. Non avevo proprio voglia di uscire. Non avevo proprio voglia di infilarmi nella ressa di quel lunedì sera. Avevo voglia di riposare; pronto per la lunga tirata del giorno successivo. Un'unica tirata da qui a Sydney.
1 Dicembre 2105
Eccomi di nuovo "in sella" al mio Cody. Questa volta solo io e lui.
Ho lasciato Byron Bay dopo aver dato un ultimo saluto a quelli che sono stati per gli ultimi mesi la mia "piccola famiglia". A Ballina ho lasciato definitivamente la costa per inserirmi nell'autostrada che mi avrebbe portato giù fino a Sydney. Era tardi ma volevo comunque provar l'impresa per salvar tempo e saltar quel tratto di costa che avevo visto quasi due anni fa con Léopold, il ragazzo francese conosciuto a Byron Bay.
Le ore passavano e con loro i chilometri. Davanti a me avevo 9 ore e 770km. Guardare fuori dal finestrino e ammirare quei paesaggi già visti era l'unico passatempo. A farmi compagnia c'era solo la musica e quelle canzoni che, con scarsi risultati, cantavo a squarciagola.
Tappa pausa pranzo a Coffs Harbour e per un tuffo in mare. Ero ritornato alla vita da strada, pranzi preparati sui fornelli e docce in spiaggia. Non so perché ma nel guardar il mio van con le mie cose appese fuori ad asciugare, in automatico mi è venuto da sorridere… mi mancava questa vita.
Sono ripartito alla volta di Port Macquarie dove ho dovuto fermarmi a riposare per un'oretta. I miei occhi si stavano chiudendo e solo una piccola pennichella e un caffè avrebbero potuto ricaricarmi un po'.
Mancavano ancora 400km e in lontananza potevo scorgere un bel temporale. Mi ci sono trovato dentro in un batter d'occhio. Pioggia a cascate e fulmini da tutte le parti, quasi da doversi fermare, non vedevo più nulla.
Nel frattempo il sole se ne stava per andare e Sydney era ancora lontana. Forse provar la tirata era una po' eccessivo. I cartelli segnavano l'avvicinarsi di Newcastel. Ero stanco… era il caso di fermarsi.
Mi sono accampato lontano dalla città in quel parco a due passi dal fiume dove io e Léopold ci eravamo fermati. Dietro alle tendine del van potevo vedere le luci della città riflesse nel corso del fiume. Prima notte fuori porta.
2 Dicembre 2015
Un risveglio alle prime luci dell'alba per evitar di dar troppo nell'occhio.
Mi son dileguato in fretta da Newcastle imboccando di nuovo l'autostrada.
Potevo saltar tranquillamente Sydney, ma avevo una tappa obbligatoria da fare. Dovevo restituire la giacca di pelle a Nick, l'americano, che mi aveva prestato per la mia avventura in Vietnam. Fortunatamente si trovava in un sobborgo a sud della città, precisamente a Cronulla, ma non ho comunque potuto evitar il traffico di Sydney.
Sapeva che dovevo andar in Tasmania e così mi ha buttato lì la proposta di unirsi al gruppo. A me avrebbe fatto un sacco piacere. Tre è sempre il numero perfetto e sinceramente aver uno straniero nel gruppo ci avrebbe costretto a parlar inglese tutto il tempo. Ci avrebbe pensato e mi avrebbe fatto sapere da lì a pochi giorni. Io nel frattempo dovevo ripartire, avevo poco meno di cinque giorni prima della partenza del traghetto da Melbourne. Cinque giorni per vedere il più possibile lungo quel tratto di costa tra New South Wales e Victoria che ancora non avevo toccato.
Alla prima occasione, sono uscito dall'autostrada imboccando una strada secondaria che attraversava l'intero Royal National Park. Una stradina piccola tra curve, sali e scendi in una fitta boscaglia di eucalipti e foresta pluviale, per sbucare infine di nuovo sulla costa di quell'oceano che avrei voluto mi tenesse compagnia tutto il tempo.





Era una bella giornata, ma soffiava un vento freddo e di far il bagno non avevo per niente voglia. Mi son fermato a nord di Kiama a vedere la Cathedral Rocks. Due rocce vulcaniche che nel corso dei secoli, con l'azione del vento e dell'acqua, hanno assunto le sembianze di una cattedrale. Nulla di speciale, forse il suo vero fascino lo si poteva ammirare solo durante il tramonto e l'alba quando il tutto assume un'atmosfera completamente diversa.





Da qui ho fatto una tirata fino al Jervis Bay National Park, famoso per le sue spiagge bianche e le acque calme e limpide. Bisognava pagare l'ingresso e se si voleva campeggiare bisognava pagare e prenotare in anticipo sul sito. La reception era chiusa, caselle per depositare i soldi non ce n'erano… così ho deciso di tirar dritto.
Sono arrivato nei pressi di un campeggio di fronte alla spiaggia principale; il sole stava scomparendo e la spiaggia era affascinante. La luce era affascinante. Faceva freddo, ma non sono riuscito a tirarmi indietro, mi sono tuffato in quelle acque limpidissime di quella che sembrava una laguna.


Qui ho conosciuto una giovane coppia di francesi. Entrambe eravamo nel dubbio se campeggiare senza permesso o trovar un altro posto. Si stava facendo buio, ho deciso che forse potevo continuare e trovar un posto per dormire lungo la strada. L'ho trovato in un'area di sosta fornita di tavolini e bagni. Mi sono cucinato un po' di riso che sarebbe bastato anche per il pranzo del giorno dopo. Altra notte in strada, questa volta parcheggiando dietro un grosso eucalipto… giusto per mimetizzarmi un po'.
3 Dicembre 2015
Le mattine nel van sono sempre complicate. Sveglia presto con il caldo e la luce del sole che filtra dietro alle tendine. Té preparato sui fornelli a gas, cereali e frutta. Dopodiché ci sono le stoviglie da lavare, ovviamente nel lavandino del bagno pubblico. Fatto quello bisogna ributtare tutte le valigie sul letto che la sera prima erano passate sui sedili anteriori. Una routine che si sarebbe ripetuta per tutta l'avventura. Ogni cosa ha il suo posto e come una partita a tetris, se sbaglio una mossa arrivi al collasso.
Prima della partenza ho ben pensato di controllare l'olio che avevamo cambiato pochi giorni prima e qui la sorpresa. Il motore era ricoperto di schizzi e macchie bianche e sul radiatore c'erano ancora tracce fresche del liquido di raffreddamento. Per la prima volta Cody aveva un acciacco. Ho ripulito il motore e riempito il radiatore con del nuovo liquido sperando che il problema fosse stato solo per una mal chiusura del tappo dopo l'ultimo controllo fatto a Byron Bay.
Un po' titubante per l'imprevisto del mattino sono ripartito. L'obiettivo sempre quello, trovar uno spot dove surfare. La giornata era stupenda e in cielo non c'era nemmeno una nuvola. Finalmente aria d'estate!
Sono arrivato oltre Batemans Bay ma senza alcun risultato. L'unica era godersi la spiaggia e la splendida giornata, Shelly Beach a Moruya Heads era la soluzione ideale. Mi sono addormentato sotto quel sole cocente come solo un rettile australiano sa fare. Ho fatto una passeggiata lungo i suoi scogli fatti di insenature e picchi sul mare e nuotando tra le sue acque già mi immaginavo che non sarebbe stato lo stesso in Tasmania.








Da lì mi sono spinto più dentro appena prima del confine con il Victoria. Avevo trovato una bellissima area camping free sotto un bosco di eucalipti che raggiungevano altezze incredibili. In questa piccola area mi son messo a giocare a bocce con un signore australiano e una coppia di tedeschi anche loro lì accampati. Una serie di partite a dir poco bizzarre dato che in quell'area non c'era un punto in piano. Ma mi ha fatto comunque piacere passar un po' di tempo con qualcun altro e scambiar quattro parole.

4 Dicembre 2015
Il motore era ancora ricoperto di liquido; c'era sicuramente una perdita da qualche parte ma non riuscivo capire da dove uscisse il liquido.
Mi sono così fermato al primo meccanico in una cittadina di mille abitanti a dir tanto. La causa era una piccola perdita dalla giunzione di uno dei tubi che uscivano dal radiatore. L'unica era stringerlo con delle fascette metalliche. Un lavoro che io e mio fratello molto probabilmente avremmo fatto in cinque minuti ma che il "master meccanico" australiano ha svolto in un'ora, smontando anche il sedile del guidatore. Costo finale 99$! Alla faccia. Ma tutto sommato il problema era stato risolto e Cody non ha più dato problemi.
Le strade a mano a mano che scendevo si facevano sempre più belle. Prima le incantevoli spiagge attorno all'area di Eden (il nome dice tutto) e poi le pinete e il verde, dove la vegetazione si faceva molto più da clima temperato. Fiumi, laghi e prati verdi.







Salite, tornati e discese ad in picchiata ed infine ecco in lontananza un cartello blu che riportava su sgargianti caratteri bianchi: Welcome to Victoria. Ovviamente dovevo lasciar traccia del mio passaggio. Adesivo con il mio logo su entrambi i cartelli e sfido chiunque ad attaccare il proprio sulla scritta New South Wales. Io e Cody assieme abbiamo fatto un bel lavoro.




Alle mie spalle, il cartello New South Wales si faceva sempre più piccolo mentre davanti a me gli spazi e la vista si faceva sempre più ampia. Verdi colline in un orizzonte sconfinato. I prati e i pascoli avevano preso il posto degli alberi. Il mare non l'avrei visto più fino al giorno successivo. Si tornava a guidare lontano dalla costa, ma è stato comunque fantastico. Un continuo cambio di colori e sfumature; da il sole che filtrava tra i fitti boschi a quello dei campi che ti penetrava dritto nella pelle. È stata una guida davvero piacevole e per nulla stancante, terminata all'ombra di un parco nazionale.


5 Dicembre 2015
Ero dentro nei tempi. Potevo tranquillamente godermi l'ultimo giorno prima dell'arrivo a Melbourne. E così fu!
Mi sono diretto verso il promontorio più a sud dell'Australia (escludendo la Tasmania), il cosiddetto Wilsons Promontory, una riserva naturale di 50.000 ettari, gratuita e a dir poco affascinante. Con il suo clima secco e la sua flora costituita da una fitta distesa di arbusti, dove dal nulla spiccano bizzarre formazioni rocciose che finiscono in baie solitarie di sabbia bianca e acque turchesi. Posso benissimo metterle a confronto con le spiagge di Esperance ed Albany in Western Australia e sicuramente inserirlo tra i posti più belli visti in questa immensa isola. Ciliegina sulla torta, è un ottimo spot per il surf, peccato che quel giorno lì non c'era swell. Sfigato come pochi.






Mi sono goduto la mia pausa pranzo in cima alle rocce di Squeaky Beach osservando quei tre surfisti che pazientemente attendevano l'arrivo di un’impossibile onda. Qui ho ribeccato nuovamente la coppia di francesi conosciuta a Jervis Bay. Stavamo praticamente facendo la stessa strada.
Nel ritorno mi sono inoltrato anche verso l'immensa Darby Beach, dove lo sguardo si perdeva nel nulla senza riuscir a veder la fine di questa spiaggia, un posto affascinante.
Ho ripreso il viaggio verso Phillip Island raggiungibile facilmente tramite un ponte di 640m che la collega alla terra ferma. Quest'isola è famosa per la Penguin Parade (la sfilata dei pinguini) che ogni giorno al calar del sole, ritornano nelle loro tane tra le dune di sabbia dopo la loro lunga giornata di pesca in mare aperto. Quei piccoli pinguini blu minori che avevo visto tempo fa a St. Kilda quando avevo fatto tappa a Melbourne prima del breve ritorno in Italia.
Ma Phillip Island è probabilmente più conosciuta per il circuito di MotoGp e Formula che, per fortuna loro, Cody non ha potuto toccare. Avrebbe fatto sicuramente il record di pista!
Ultimo giorno prima della partenza per la Tasmania e finalmente il mio desiderio si è realizzato. Avevo ancora un'ora di luce e Smiths Beach mi invitava ad indossar la muta e a buttarmi dentro le sue fredde acque.

Era difficile prenderle. Si spaccavano in fretta e se non mi trovavo nel punto giusto mi avrebbero ribaltato immediatamente. Momento di calma. Mi sono guardato attorno… il sole stava calando dietro alle scogliere che per un attimo mi hanno fatto sentire in un altro posto. Per un attimo mi sembrava di essere entrato in una cartolina tra le ripide e verdi scogliere irlandesi. Tutto era affascinante, il rumore del mare, la luce, le nuvole in lontananza e quei pochi intorno a me che seduti sulle loro tavole guardavano verso l'infinito alla ricerca dell'onda perfetta. E poi come dal nulla davanti a noi qualcosa si stava alzando. Stavano arrivando. Il ragazzo a fianco a me ha iniziato a remare ma io sono rimasto immobile. Non aveva visto che dietro quella ne stava arrivando una più grossa. E quando la prima mi ha superato ho iniziato e remare spostandomi verso il punto in cui si sarebbe rotta. Ho visto l'altro ragazzo davanti a me, non l'aveva presa. In pochi secondi ho preso velocità, mi son sentito tirato dentro, ero sull'onda. In una frazione di pochi secondi mi sono alzato e prima che schiacciasse ho sterzato immediatamente a sinistra.
Non c'è emozione più bella per me, di trovarsi in cima all'onda con la punta della tavola nel vuoto. Alzarsi di scatto e trovarsi il vuoto sotto per quei pochi secondi prima dell'impatto con l'acqua. Ed è in quel preciso istante che si decide il vincitore. L'onda o tu. Quella volta l'avevo anticipata. Con lei sono andato avanti fino alla fine. Una sinistra perfetta. Come piacciono a me. Sarebbe stata abbastanza quell'onda per rendere la mia giornata stupenda. Ma è come una droga, ne prendi una e poi ne vuoi sempre di più.
Sono stato dentro un'ora prendendone altre. Non sentivo più i piedi, erano ghiacciati. Non mi succedeva una cosa del genere dalla Nuova Zelanda.
Il sole era sparito e improvvisamente il cielo si è fatto cupo. O meglio, improvvisamente dal mare è arrivata una nebbia fittissima. Una cosa indescrivibile, in pochi secondi aveva ricoperto l'intera isola. Una nebbia alta che ti copriva l'orizzonte ma ti permetteva di vedere perfettamente quello che stava al livello del suolo; improvvisamente ha fatto freddo, sono corso in macchina e ho iniziato a guidare verso Melbourne e come per magia, appena ho superato l'isola tutto è tornato chiaro, c’era ancora la luce del sole. Ho accostato e dietro di me l'incredibile. Sembrava ci fosse stata un'eruzione vulcanica, una nube immensa nascondeva tutto ciò al di sotto di lei.


Era già buio e la cosa migliore da fare era fermarsi in quell'area di sosta ad un'ora da Melbourne. Un posto un po' particolare a bordo strada dove c'erano divieti di campeggio in ogni angolo. Ma a mi se m'interesa???!?!
6 Dicembre 2015
Sono ripartito alla volta di Melbourne dove il mattino stesso ho incontrato una vecchia conoscenza. Marta, la ragazza di Magenta che ero andato a trovar più di un anno fa sempre a Melbourne.
Questa volta l'ho trovata decisamente meglio; finalmente con un bel lavoro come manager in un bar italiano in pieno centro, dove fanno aperitivi con spritz e campari tutto il giorno; finalmente con una casa e un brau fio al suo fianco.
Dopo di che sono andato a recuperare il mio vecchio e anche futuro compagno di avventura, l’Andre da Boves, arrivato direttamente da Brisbane con i suoi occhiali rossi e il taglio all'aussie. Non lo vedevo da quasi due mesi ma era sempre rimasto lo stesso.
Siamo ritornati in centro a Melbourne dove nel bar di Marta ci siamo gustati un aperitivo all'italiana prima del nostro imbarco sul traghetto.
E tra la massa di australiani è spuntata con i suoi 1,50 metri di altezza la mia cara Robertina. La nonna, mamma e sorella sicula che per mesi e mesi aveva lavorato e vissuto con me ad Adelaide e Glenelg, non la vedevo da più di un anno e mezzo. Oramai anche lei si era stabilita in città, casa nuova insieme al suo nuovo ragazzo, vita nuova e lavoro serio. Sono contento per lei, ne aveva proprio bisogno. È stata quasi strano sedersi di nuovo al tavolo tutti assieme. Io, Andre e Robi.. all'appello mancavano solo Claudia e il buon Luca e poi la famiglia sarebbe stata al completo.




Ma era giunto il tempo dei saluti… il nostro traghetto sarebbe partito da lì a poche ore.
Bye Bye Melbourne. Bye bye terra ferma. Io e Andre saliamo sulla Spirit of Tasmania pronti per una nuova avventura. Pronti per dodici ore in mezzo all'oceano nel cuore della notte. A farci compagnia solo una bottiglia di vino; non eravamo autorizzati a portare alcolici sul traghetto ma per loro sfortuna l’avevamo saputo solo una volta finita.





























