mercoledì 7 ottobre 2015

Tutto era perfetto

7 Ottobre 2015

Lo so lo so, è passato un sacco di tempo dall'ultimo mio scritto.
Il tempo qua passa senza nemmeno accorgersene. I giorni volano come volano i ricordi di due anni di Australia che stanno per terminare.
Con essi è terminato anche il tanto temuto inverno che ad essere sinceri non ricordo di aver percepito più di tanto. La primavera ha fatto il suo arrivo il primo di settembre ma sembra aver subito ceduto il posto all'estate. Sole, spiaggia, gente per strada, occhiali da sole… il fantasma di Byron Bay è tornato in letargo; i colori, la musica e i sorrisi sulle facce della gente sono usciti dalle loro tane.

Come dicevo più passano i giorni e più mi accorgo come una birra tra amici mi abbia aperto un portone. Due mesi che hanno decisamente cambiato il mio modo di vivere Byron Bay.

Io e quella ragazza ci eravamo già visti da qualche parte. Già… un mese prima in un locale qui a Byron Bay. È stato un attimo riconoscersi e qualcosa è scattato.
Aveva un sorriso fantastico e due occhi che parlavano da sé. Volevo conoscere quella ragazza, volevo saperne di più di lei. E fu così che qualche giorno dopo ci ritrovammo in spiaggia a Wategoes, noi due. Ore ed ore a parlare. E più mi raccontava di lei e più capivo che in lei c'era un qualcosa di particolare. Qualcosa che in tutte le donne che avevo conosciuto fino ad ora non avevo mai trovato. La bellezza dentro; quella vera. Bellezza interiore e bellezza esteriore che per un pomeriggio intero mi hanno reso cieco a ciò che mi stava attorno e sordo al rumore delle onde davanti a me.

Lei, occhi verdi, pelle abbronzata, simpatiche lentiggini sul viso, capelli color miele e un sorriso che anche nelle peggior giornate è in grado di farti sentir felice.
Il film quella stessa sera era piuttosto noioso e nel dormiveglia ho aperto gli occhi e appoggiata a me c'era lei che dormiva. Ho capito che qualcosa stava prendendo un'altra strada quando il mattino seguente mi sono svegliato e lei era di fianco a me. Amy.

Neanche a farlo apposta, non passava giorno senza che non la vedessi; c'era come un reciproco bisogno di incontrarsi e di sentir la presenza dell'altra persona, anche per un piccolo istante; niente pressioni, niente sconvolgimenti di vita, ognuno sempre per la sua strada: lavoro, serate con gli amici, surf io e meditazione lei. Eppure c'era sempre modo di vedersi e di condividere i momenti assieme.
Il suo ventiduesimo compleanno è arrivato subito qualche giorno dopo e mi è sembrato inopportuno presentarmi con un vero regalo. Ci frequentavamo da pochi giorni; ho pensato che un semplice pensiero sarebbe valso più di un regalo forzato.


Due panetti di paraffina avvolti in una foglia per la sua tavola da surf che il giorno prima avevamo completamente ripulito. Per lei è stato il pensiero più semplice ed è per questo che le è piaciuto di più. 
Nel mentre lei partiva per qualche giorno per far visita alla sua famiglia giù nel Victoria precisamente a Geelong, ecco apparire un volto noto a Byron Bay.

Andrea detta Andy, direttamente da Margaret River dopo il lungo viaggio attorno alla costa est e nord. Lei per me era diventata una sorta di sorella e il rapporto qui a Byron Bay si è consolidato ancora di più.




Quella che per lei doveva essere una breve sosta prima di riprendere a viaggiare si è trasformato in un'impensabile avventura all'ospedale.
Tutto ha avuto inizio da qualche acciacco di febbre, che a poco a poco si è tramutato in dolori insopportabili fino alla corsa disperata all'ospedale di Lismore. Un ascesso in un punto a dir poco problematico che doveva urgentemente essere inciso.


Povera stella ha passato quasi due settimane chiusa in camera senza potersi muovere, mangiare e a fatica andar in bagno. Con la dottoressa che ogni mattino veniva a cambiargli la medicazione e il sottoscritto a far da badante, taxi e cuoco. Sono stati giorni un po' particolari dove ho dovuto starle dietro parecchio; al tempo stesso tutti i suoi piani sono saltati e il buon senso l'ha fatta rimanere qui; o meglio, Byron Bay l'ha catturata con la sua atmosfera e la sua aria di felicità. Starà qua fino alla scadenza del suo visto o forse da come la sta vivendo anche di più. Se la sta proprio godendo. In vacanza da più di un mese e solo di recente ha iniziato a lavoricchiare per qualche ora a settimana al cinema della Brewery, di fianco all'Arts Factory dove vivevo due anni fa.
Nel frattempo si è trasferita a casa di Amy che abita a 10 minuti a piedi da casa mia. Al suo posto in casa è arrivato Sota, un ragazzo giapponese stra patito di surf e ovviamente sushi chef; un ragazzo davvero in gamba, tranquillo e chi dire simpatico. Esce di casa presto e torna a casa che è oramai buio. Lavora praticamente sempre. Bè almeno lui lo sponsor ce l'ha assicurato.



Ma torniamo a noi. Da fine agosto e a fine settembre il lavoro è calato drasticamente. Ciò mi ha permesso di godermi sempre di più le mie giornate. Spiaggia, gite fuori porta e surf se le condizioni le permettevano.
Con Amy, Andy e alcune sue amiche siamo andati alle Minyon Falls nel Nightcamp National Park a circa quaranta minuti da qui. C'ero già stato due volte, lì su quel cucuzzolo ad ammirare la bellezza di quella cascata con un salto nel vuoto superiore ai cento metri, ma mai avevo avuto occasione di scendere fino alla base. Mi ero perso qualcosa di davvero spettacolare.


Un'oretta di passeggiata in mezzo ad una fitta foresta pluviale subtropicale tra palme e radici aeree che si intrecciavano tra di loro nei modi più strani.
E poi come all'apertura del sipario è apparsa lei. Amy davanti, poco più in alto di me e di fronte a lei l'immensità di questa cascata o meglio della parete di basalto che nei secoli ha lisciato le rocce di quello che un tempo era un vulcano.
Sono rimasto a bocca aperta. Ok ho visto posti incredibili lungo questo mio viaggio. Pozze naturali, cascate e pareti rocciose. Ma questa rientra sicuramente tra le prime dieci.
Solo io ed Amy abbiamo avuto coraggio a buttarci nelle sue acque gelide, che dico, ghiacciate. L'ultima volta che ho provato una sensazione del genere è stata in un torrente in Svizzera. Mai avrei immaginato di trovar dell'acqua così fredda qui in Australia. Sarà che quel punto è quasi sempre in ombra.
Non è stato tanto il coraggio a farci entrare in acqua, ma la voglia di goderci il momento e quella bellezza che ci era concessa gratuitamente. Lei mi piaceva sempre di più; non la cascata. Lei non si tira indietro a niente. La sua filosofia è godersi il momento anche se questo può sembrare bizzarro o fuori luogo per la "gente normale".

















Colazioni, pranzi e cene in compagnia non sono mai mancati, specialmente con l'italian family. È sempre piacevole sedersi a tavola con degli italiani emasoprattutto è ancora più bello per gli stranieri essere presenti all'appello se ai fornelli ci sono Marco o Andrea. Troppi Andrea qua. Abbiamo mandato in confusione l'intera Byron Bay.




Cena con Amy al Buco. Una pizzeria italiana che in quelle poche volte in cui vado mi fa sentire di nuovo a casa. Staff completamente italiano, pizza favolosa, bere (quello te lo porti da casa) e come dice il nome è proprio un buco; quattro tavoli in croce dove ti metti a chiacchierare con il tuo vicino, il tutto in un clima familiare e accogliente.
Amy l'ha ovviamente apprezzato. È forse l'unico posto in cui sono disposto a spenderci un po' di soldi per una vera pizza e dove chiudo un occhio sul fattore carne. Prosciutto crudo tutta la vita.



Io invece è meglio che sto alla larga dai fornelli. L'ultima volta che ho fatto la pizza ho avvelenato mezza tavolata che si è strafogata di fette e di quintali di lievito che per la mancanza di tempo non aveva completato il suo intero ciclo. I batteri hanno finito il loro lavoro solo il dì seguente rendendo tragica la nostra notte. Il secondo tentativo sono stati gli gnocchi alla zucca e gorgonzola. Ok, ma non il top sicuramente.



Per fortuna che sono circondato da chef e Dio salvi il Giappone e Sota che ci ha regalato una serata Sushi fatto in casa da medaglia d'oro.

Day by day il tempo è diventato sempre più caldo. Stare in acqua fino al tramonto era oramai cosa fattibile. Infinite giornate in spiaggia che hanno trasformato le nostre pelli semi pallide in cioccolato. Amy è sempre e comunque dieci livelli sopra tutti. Faglielo capire a lei, australiana, che qui mettersi sotto al sole tutto il giorno non fa per niente bene. Ne ripagherà le conseguenze un giorno.
Sole, spiaggia e un tuffo nel passato, quando io, i miei fratelli e il Teo ci cimentavamo in quelle impegnative e sudate partite a biglie in spiaggia, in cui la tensione e la competizione sfioravano livelli assurdi. Io e Andrea (il cui nickname è Salsa), il ragazzo che lavora con me, come due bambini con le ginocchia nella sabbia intenti a costruire gallerie, progettare ponti e paraboliche. Un oceano di flashback che mi hanno ricordato quanto era bello essere bambini, privi di responsabilità, pensieri e pesi sulle spalle. Una grazie ad Andrea che mi ha fatto rivivere questi momenti. Peccato solo che qua non esistono le biglie del Giro d'Italia. Ci siamo accontentati di alcune palline da ping-pong con un po' di sabbia dentro per dargli peso.





Lei voleva provar l'ebrezza di dormire nel van, di prendere una strada sterrata nel buio della notte, essere ricoperta di stelle e cullata dal rumore delle onde.
E non c'è cosa più bella di trasformare anche solo per una notte un'australiana in un backpacker.
Abbiamo guidato nel cuore della notte lungo la sterrata Seven Mile Beach Road. In cielo c'era la Luna piena e in lontananza si stavano avvicinando dei nuvoloni. Abbiamo parcheggiato nel punto in cui finiva la strada. Proprio davanti a Seven Mile Beach.
A piedi nudi su quella sabbia fredda, non c'era bisogno di alcuna luce, la Luna rendeva tutto così chiaro e limpido. La rabbia dell'oceano e il bianco delle onde erano l'unica cosa viva in quel momento. Noi due in mezzo al nulla.
Poi le prime gocce. Fuga dentro il van. Odor di incenso, musica di sottofondo che in un attimo è stata coperta dal rumore della pioggia che batteva sul tetto del van. Era uno di quei momenti dove tutto era perfetto.
Come ha smesso abbiamo aperto la portiera del bagagliaio. L'aria fresca che entrava e il rumore delle onde dietro le nostre teste appoggiate sui cuscini. Le sue dite che sfioravano il mio corpo e il calore della sua pelle. Ci siamo addormentati così, cullati da quella atmosfera surreale.
Il giorno seguente ci siamo inoltrati lungo i pendii della scogliera fino a White Beach. Una piccola baia isolata dove c'eravamo solo io e lei. Noi due su quella sabbia bianca e attorno a noi nessuna presenza umana. Lei distesa sotto il sole come una lucertola io come ho visto dei sassi mi sono messo ad impilarli uno sopra all'altro, una sfida che oramai non facevo da tanto tempo.





Un periodo fantastico fatto di magiche atmosfere che Byron Bay non smette mai di regalarmi. Le passeggiate al faro, l'immensità di Tallow Beach, i delfini e le balene che ogni giorno fanno la loro comparsa. Gli innumerevoli tramonti, perfettamente identici ma così diversi. Le onde che si infrangono a The Wreck e la drum session al calar del sole. 
Non ci sono parole per descrivere la bellezza di finir di lavorare e buttarsi in mare con o senza tavola. Rilassarsi sulla spiaggia, godersi una birra in compagnia e dimenticarsi di tutto il resto.

















Nel frattempo altre vecchie amicizie hanno fatto comparsa a Byron Bay.
Circa un mese fa è passato di qua Tristan, il ragazzo francese che lavorava in farm e al ristorante con mio fratello a Margaret River. Il suo compagno d'avventure!
Lui ora vive a Noosa Heads a circa quattro ora a nord di Byron Bay. È sempre il solito! Randagio, barba lunghissima ma leggermente meno pazzo, forse solo perché con lui c'era anche la sua nuova compagna, Nadesh, francese anche lei. Li ho portati un po' in giro per Byron e purtroppo per Tristan non c'erano le condizioni migliori per poter surfare.









Un altra apparizione è stata Silvia anche lei vecchia gloria di Margaret River arrivata direttamente dalla city, Sydney. È stata qui giusto per il weekend ma il tempo, tra pioggia e  vento non gli hanno fatto sicuramente godere Byron al 100%.


Negli stessi giorni ha fatto ritorno anche il caro e vecchio Andrea da Cuneo! Lui ancora fisso a Brisbane ha sfruttato alcuni giorni off per godersi l'atmosfera di questa piccola città.
Il mio van è diventato la sua camera da letto e mi casa su casa.
Ha subito conquistato i coinquilini e i vari amici, con i suoi modi di fare e la bizzarria che un paese come Byron Bay gli accentua di più. Oramai è il tipico ragazzo di città che lavora senza mai veder mare e quella cosa che inizia per f. Insomma per lui venir qui è come andar nel paese dei balocchi. Diciamo che l'ha presa come una città dove spendere il weekend. Caso vuole che lo scorso weekend è tornato giù di nuovo; non riesce proprio a far a meno di me. Lo ripeto, è diventato veramente una sorta di fratello più piccolo a cui devi badare e dar consigli ripetutamente.








Ma ogni tanto me ne vado via anch'io. Io ed Amy siamo andati per una gita fuori porta al Natural Bridge, nel Springbrook National Park in Queensland. Per un momento, lungo quelle strade immerse nel verde dei prati e delle colline, mi era sembrato di essere tornato in Italia, nelle nostre valli di montagna. Mucche, conifere e corsi d'acqua. In lontananza si scorgevano piccole casette e dei pascoli, i nostri alpeggi.
Siamo arrivati al Natural Birdge in tarda mattinata. Un cascata che si infila in un buco della roccia all'interno della Cave Creek e che nel corso del tempo ha formato un arco naturale.
Un posto davvero particolare, specialmente se lo si va a visitare di notte quando la grotta si trasforma in una sorta di cielo stellato grazie alla presenza di questi strani vermicelli fosforescenti. Peccato non si potesse far il bagno. Stavamo proprio crepando dal caldo.






















Nel tornare indietro abbiamo però notato un fiume con un'area picnic. Un posto perfetto per un bagno e per una serie di scatti fotografici ad una ragazza che non ha bisogno di foto ritocchi.  Lei la donna dalla schiena tatuata immersa nei suoi pensieri e in quelle acque che hanno dato un tocco finale a questa nostra escursione.





Aver lei a fianco e come portarsi un bambino. Non riesce mai a star ferma, non smette mai di parlare e soprattutto non può far a meno di toccarti o meglio di far sentir la sua presenza, anche semplicemente appoggiando il suo indice su di te, come se avesse paura di perderti.




E fu così che tra una distrazione e l'altra e con entrambi i cellulari scarichi, ci siamo persi. Stavamo andando nel senso opposto. Ecco spuntar davanti a noi i grattacieli di Surfers Paradise. A sto punto andiamo a farci un giro, anche perché l'ultima volta l'avevamo vista solo dal finestrino dell'auto.
Abbiamo camminato lungo la via principale, la via dei negozi e dei ristoranti. Non so perché, ma i nostri abbigliamenti, i nostri capelli secchi e spezzati dal sale e il fatto di girar a piedi nudi ci rendeva diversi e fuori luogo. Si vedeva proprio che arrivavamo da Byron Bay.
Nel tornar alla macchina un pappagallo dai mille colori si è schiantato contro un insegna di un negozio spezzandosi il collo e morendo in pochi secondi davanti a noi. Una scena a dir poco toccante. Non potevamo permettere che qualcuno lo buttasse semplicemente in  un bidone della spazzatura. Lo abbiamo avvolto in un giornale e ci siamo diretti verso la spiaggia. Qui abbiamo scavato una buca e dopo un ultimo saluto lo abbiamo sotterrato sotto la sabbia. Sarebbe stato orribile lasciarlo là.




 









Il giorno seguente eravamo di nuovo sulla strada, questa volta direzione Noosa Heads dove io, Luca e Carlotta ci eravamo fermati per qualche giorno prima di continuare il nostro road trip.
Circa 400km a nord di Byron alla ricerca di vere onde che da tanto tempo non si vedevano più e un'occasione per Amy di visitare questa cittadina ricca di negozi e ristoranti alla moda.
Dopo circa quattro ore siamo arrivati a casa di Tristan dopo nemmeno una settimana dalla sua visita a Byron Bay. Chiamarla casa suona un po' strano. Era una super share house! Sembrava di essere finiti nel film Mamma Ho Perso L'Aereo, dove da ogni angolo spuntavano persone diverse. Quindici giovani tutte nella stessa casa. Una sola cucina, un solo bagno, un solo salotto, tante camere da letto e un van nel giardino, dove dorme il nostro caro francese. Una mega casa immersa nel verde dei boschi di Cooroy a venti minuti da Noosa. Un giardino infinito con veranda, tappeto elastico, palestra, tavoli da ping pong ecc. Dentro, backpackers da diverse parti del mondo ma tutti con lo stesso lavoro: Ginger farm.
La compagnia per cui lavorano è la più grande produttrice di ginger (zenzero) di tutta l'Australia.







Noosa è una città molto carina, all'interno di un parco nazionale, ma completamente diversa da Byron Bay. Divisa in più sobborghi dal fiume che l'attraversa, questa località è più per la gente di un certe livello, diciamo quelli con i soldi insomma. Eleganti negozi, ristoranti, bistrot, locali notturni e appartamenti sul lungo mare. Ma a me di tutto ciò non interessava niente. Il programma sarebbe stato questo: gli uomini a surfare e le donne a far shopping!
Bè peccato che il mare era più piatto del Mar Mediterraneo.
Main Beach sembrava una laguna. Giornata stupenda, sole pazzesco ma zero onde! Che delusione.
Spiaggia, shopping e spostamenti in macchina, questo è stato il nostro pomeriggio a Noosa.
Per fortuna prima di tornar a casa abbiamo fatto tappa al Tewantin Lookout. Da lì sopra si poteva ammirare praticamente tutto. Noosa, l'intero parco nazionale, laghi, fiumi e questi strani monti che spuntano come coni dal nulla di questa pianura.
Un tramonto stupendo, caldo in compagnia di un vecchio amico e di una persona che ogni giorno diventava sempre più importante.












Il mattino seguente ci siamo svegliati prima del sorgere del sole per ammirare l'alba in spiaggia a Sunshine Beach dove io e Tristan ci siamo buttati in acqua con le tavole giusto per prenderci qualche ribaltone. Mare mosso, vento e onde sporchissime. Non ce n'era… non era periodo nemmeno a Noosa.
Dopo una colazione in spiaggia era ora di ripartire. La sera stessa dovevo lavorare. 






Siamo arrivati a Byron Bay che era già buio, giusto in tempo per farmi una doccia. Ero morto!

Il lavoro è un continuo alti e bassi. Ci sono periodi morti e periodi invece dove sei tu che vorresti morire. In quest'ultimo lasso di tempo mi è stata affidata molta più responsabilità. Più volte mi è capitato di dover chiudere, far i conti in cassa e al tempo stesso di gestire l'intero servizio in sala. Alla fine sono qua da circa quattro mesi e il mestieri lo so fare tranquillamente. La gente oramai ti riconosce, ti saluta e ti chiede come va. Il mio accento scatena sempre domande ai tavoli: <<da dove vieni? Germania? Francia? Svezia>> quando rispondi Italia nessuno ci crede. Qua son tutti convinti che gli italiani siano mori con gli occhi e la pelle scura. <<Aaah ma sei del nord, di Milano… ecco perché>>. Il 99% degli australiani è stato in vacanza in Italia e ha visto più di quello che ho potuto vedere io in 25 anni; si ma io in due anni ho visto più di quello che loro hanno visto in una vita intera e conosco molto di più riguardo al loro Paese che per volume ingloba l'intera Europa. Ma alla fine è sempre così. Loro vorrebbero vivere là e noi vorremmo trasferirci di qua. Nessuno ha la minima idea di come girino le cose da noi. L'Italia è semplicemente il Bel Paese: <<Venice, Florence, Pisa, Rome, Naples ecc>> Insomma i posto migliori dove il povero turista straniero viene truffato di continuo.
È sempre comunque bello raccontare le proprie storie, le avventure e vedere le loro facce affascinate che starebbero lì l'intera giornata per saperne di più e capire cosa spinge noi giovani a lasciare i nostri Paesi. Più spesso mi è capitato di ricevere inviti da parte di alcuni clienti da altre parti dell'Australia… <<se un giorno passerai da lì, questo è il nostro numero e il nostro indirizzo; buona fortuna!>>.
Nel frattempo all'interno di Targa si vedono nuovi volti: in cucina, in sala e al bar. Marco è passato di livello, trasferendosi in un ristorante/resort di lusso a Wategoes Beach, dove ovviamente è stra pagato. Andrea (Salsa) invece è sempre lì sotto sponsor e per lo sbattimento che si fa potrebbe benissimo passar per capo chef e manager del ristorante.

Sole sole e ancora sole. Qui a Byron Bay siamo definitivamente in estate. Scalzi per strada, pantaloncini corti, canotta o semplicemente a petto nudo. Ora che le giornate si sono allungate, il sole scompare dietro ai monti attorno alle sette di sera e andare a surfare si fa ancora più affascinante. Non tanto per le onde che continuano ad essere titubanti e noiose ma quanto al ritrovarsi in acqua sulla tavola con i pedi a mollo, con addosso semplicemente il costume e una maglietta in licra; il volto che si colora di arancione e gli altri surfisti che diventano semplicemente delle silhouette in contrasto con il sole.
Vorrei avervi lì con me in quel momento; amici, familiari o semplicemente lettori di questo blog; avervi lì accanto a me a contemplare questi scenari. In compagnia dei delfini e delle balene che fanno la loro apparizione sempre nei momenti migliori.
Ci sono state anche delle belle giornate per il surf. In due mesi ho ottenuti grandi soddisfazioni. Il più delle volte date le dimensioni delle onde, uso la tavola di Carlotta ma in più situazioni ero costretto a tavole più lunghe e qui mi sono venute in aiuto più volte i longboard di Amy e di Bridget (la mia coinquilina).
L'ultima vera giornata di surf è stata lo scorso weekend in compagnia di Tristan che è tornato ancora una volta a trovarci. Giornata stupenda a Tallow Beach. Cielo limpido, nessun filo di vento e acqua azzurra. Una giornata di quelle in cui la muta, ti dimentichi di averla. In acqua semplicemente in costume e a petto nudo. Niente di meglio per sentirsi liberi dentro all'oceano. Destre e sinistre veloci, non altissime ma potenti abbastanza per scagliarti sul fondo contro la sabbia. Bellissimo… una Quarantina di surfisti che formavano un'unica linea. Delfini e poi una balena in lontananza. Sopra di noi un elicottero turista che ci saluta. Che bella giornata. Quell'elicottero che più e più volte girava sopra le nostre teste, avanti e indietro. Continuano a gesticolare… rispondo di nuovo con un saluto. Qualcuno in acqua pronuncia la parola "shark" (squalo). Imperterriti continuiamo a surfare sebbene in realtà dall'alto ci stavano confermando la presenza di uno squalo e non un semplice saluto.
L'elicottero girava piuttosto lontano… in quel punto c'era lo squalo. Non c'è da temere. Continuiamo imperterriti… Con lo sguardo io e Tristan seguiamo quell'onda che ci supera e che si infrange a riva.. una riva colma di surfisti con tavola in mano che urlano e gesticolano verso di noi… noi soli sei surfisti rimasti in acqua. Non ci eravamo accorti che tutti erano usciti. Ora l'avvertimento ci era chiaro… c'era veramente uno squalo lì e dalle urla sembrava essere proprio a poca distanza da noi. Non abbiamo esitato un secondo a prendere la prima onda per farci trainare a riva. Sdraiato sulla tavola in mezzo alla schiuma dell'onda vedevo davanti a me il signore che mi incitava a muovermi ad uscire, gesticolando in modo energico e con lui gli altri. In quel momento mi è andato il cuore in gola, mi immaginavo lo squalo dietro di me… ho remato ancora più velocemente e dietro di me ho sentito un urlo… Tristan. Mi son voltato improvvisamente. Dio santo che paura! Il cretino si era solo cappottato dall'onda. I nostri piedi toccavano la sabbia. Eravamo fuori. Nessun anima in acqua. Tutta la spiaggia era colma di surfisti, tutti con lo sguardo verso l'acqua. L'elicottero che girava ancora, ma dello squalo nessuna traccia. Da lì a poco è arrivata anche la polizia, vietando a chiunque di rientrare in acqua. Quel giorno a poca distanza da noi c'era uno squalo bianco di tre metri. Avvistamenti che oramai sono all'ordine del giorno. Ma fin tanto che girano gli elicotteri un po' di sicurezza la danno, specialmente in queste giornate limpide e soleggiate.

E quando non c'è surf al lunedì mattina c'è il calcetto. Due ore da quattro tempi con gente a caso che si presenta al centro sportivo. Io, unico italiano in mezzo ad un sacco di australiani. Ho più confidenza con una tavola sotto i piedi che con un pallone a quanto sembra.



Ed è così che le giornate e le serate insieme ad Amy hanno fatto passare questi due mesi nel miglior dei modi. Sono felice, spensierato e ottimista. Tutto andava per il meglio. Andava… fino a quando non ci siamo davvero resi conto che la cosa non sarebbe stata per sempre. Non so come spiegarlo. Alla fine io ho un visto temporaneo, ci sarebbe stato prima o poi un giorno in cui uno dei due sarebbe dovuto partire; è quello potevo essere solo io.
Non so cosa mi ha portato a far questa scelta… Amy è una persona bellissima, non capita di incontrarla tutti i giorni una come lei; ma ho avuto paura. Il modo di star qua c'è e c'è ancora… ma ho avuto paura. La paura di smettere di viaggiare. La paura di affezionarmi troppo ad una persona per poi un giorno perde di nuovo tutto. È stata una decisione comune. Meglio rimaner amici piuttosto che ferirsi in continuazione. Lei è stata chiara… non è disposta a restar in Australia in attesa di un mio dubbio ritorno.

Non so perché lo sto facendo… tutto era perfetto, noi eravamo perfetti. La gente ci vedeva perfetti… perfetti come solo un fratello e una sorella possono essere.
Il fatto è che il mio visto sta veramente scadendo. Il sogno sta finendo. Il fatto è che il 30 ottobre il mio working holiday finirà per sempre. Il giorno seguente, per l'Australia sarò solo un clandestino. Potrei prolungare la mia permanenza con altri tipi di visto. Potrei star qua con lei per sempre. Lei ha tutto quello che mi serve e con lei tutto sarebbe più semplice per me in Australia. In pochi anni la nostra storia si potrebbe trasformare in una cittadinanza di fatto. Ma la realtà è che questo cuore irrequieto non sa ancora cosa vuole nella sua vita.
Il fatto è che il 28 ottobre ho un volo di sola andata per il Vietnam. In meno di venti giorni tutto finirà e un nuovo capitolo.. una nuova avventura porterà questo io alla ricerca di nuovi posti, nuovi orizzonti e nuove esperienze. Viaggiare, imparare, andare oltre i limiti ed essere affamati di conoscere questo mondo che ci è stato donato per essere vissuto. Non esiste un posto chiamato casa se prima non ne siamo andati alla ricerca… Non esiste il vero amore se prima non ne sentiamo la sua mancanza. Sarà un viaggio che mi farà bene, un viaggio in solitaria che forse una volta per tutte mi dirà qual è la mia via.

Ed è qui che si chiude di nuovo la "Mia Australia". Fra poche ore in Italia si imbarcheranno i miei ultimi compagni di viaggio. Luca e Carlotta faranno ritorno qui a Byron Bay. Per loro avrà inizio il secondo anno di working holiday. Venerdì questo inizierà la "loro Australia" lasciata in sospeso dallo scorso luglio.